Nati ben dieci anni fa
a Treviso, i Ropsten si fecero da subito conoscere per un ep, And I fall asleep on a chair, downstairs in
the corner, che l’etichetta canadese Dwyer Records stampò in cassetta a
tiratura limitata. Dopo un altro ep, Fault,
del 2014 e concerti in compagnia di Tides from Nebula, Winter Dust e God is an
Astronaut, il quartetto formato da Simone Puppato (chitarra e tastiere),
Claudio Torresan (chitarra e tastiere), Leonardo Facchin (basso e tastiere) e
Enrico Basso (batteria), arriva l’anno scorso con Eerie al primo full lenght, disco davvero interessante ed edito
dalla nostrana Seahorse. L’album è un concentrato strumentale di post,
elettronica, psichedelia e kraut, in cui possiamo ritrovare Cluster, Godspeed
You Black Emperor!, Explosion in the Sky e Joy Division, band i cui suoni hanno
influenzato le composizioni senza però far mancare una certa personalità alle
strutture (Y.L.L.A., Grandma’s Computer Games).
L’inquietudine emerge dai solchi di Globophobia,
colonna sonora dei tempi odierni, mentre meno amara è la seguente Batesville, un passaggio scorrevole che
conduce all’inno Kraut parade, il cui
titolo è già una chiara indicazione di cosa hanno in mente i Ropsten. Ci
avviciniamo alla conclusione dapprima con la penetrante Brain milkshake e infine con la psichedelia acida di 180 mmHg, epitaffio di un disco fluido e
dinamico per tutta la sua durata. (Luigi Cattaneo)
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