venerdì 21 agosto 2020

TOMMASO VARISCO, All the seasons of the day (2019)


L’Italia è un paese pieno di talenti, in tutti i campi, compreso quello musicale, sempre più bistrattato e soffocato da un mercato ridotto al lumicino. C’è ancora chi però tiene botta e scrive, compone, suona, per il gusto di farlo, per esprimere un sentimento che non si può controllare, come è giusto che sia. Fa parte di questa categoria Tommaso Varisco (voce, chitarra, ukulele e melodica) autore in giro da più di vent’anni che, con il suo esordio All the Seasons of the day, è esempio calzante di come si possa ancora fare dell’arte coniugando le passioni di una vita, nel caso specifico il folk, il rock anni ’90, il grunge di Pearl Jam e Alice in Chains e la psichedelia di fine ’60. Collaborano al progetto Matteo Dall'Aglio (batteria) e Lorenzo Mazzilli (basso e mandolino), interpreti non secondari del progetto, che parte subito forte con Hey d, che pare proprio un omaggio ai Pearl Jam di Yield, brano tirato in cui Varisco accentua i tratti sporchi della sua voce, coadiuvato anche dall’efficace chitarra di Sandro Lovato, che è ben presente pure nella decisamente meno aggressiva September is, una ballata autunnale con una leggera spinta psichedelica. Big sleep parla il linguaggio dell’alternative rock anni ’90 e la chitarra è stavolta affidata ad Emanuele Ricci, l’ottima Itchy Little House è un crossover di psichedelia, rock e grunge, con Lovato che torna a tratteggiare confini aperti, uno spirito settantiano che, a dire il vero, traspare in più punti del lavoro. Afternoon ricorda il Vedder solista dell’apprezzato Into the wild, mentre Wisdom è una ballata elettrica a cui prende parte nuovamente Lovato, quasi un membro aggiunto della band, collaborazione che ha sviluppato momenti davvero gradevoli all’interno del disco, come Lake, ipnotica traccia dove emerge anche l’ombra lunga di Neil Young, riferimento che troviamo in diversi frangenti di questo debutto. Si prosegue con Golden Hooks, tra Wizz Jones e Rick Hayward, ma sempre con uno sguardo attento a calare certe melodie nel contemporaneo, prima della delicata Flower, il cui flauto (suonato da Enrico Varagnolo) è un tributo al Gato Barbieri di Bolivia, segno della grande curiosità del compositore veneto. Coffee vede Enrico Zennaro alla chitarra, un brano molto strutturato, nei cui dodici minuti Varisco fa il compendio delle sue influenze, un trip tra psichedelia e grunge che mi ha ricordato qualcosa del Jerry Cantrell solista, mentre I still cannot understand diventa la malinconica chiusura cantautorale, intima e suggestiva, di un esordio ispirato e pieno di pathos. (Luigi Cattaneo)

Big sleep (Official Video)



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