L’Italia è un paese
pieno di talenti, in tutti i campi, compreso quello musicale, sempre più
bistrattato e soffocato da un mercato ridotto al lumicino. C’è ancora chi però
tiene botta e scrive, compone, suona, per il gusto di farlo, per esprimere un
sentimento che non si può controllare, come è giusto che sia. Fa parte di
questa categoria Tommaso Varisco (voce, chitarra, ukulele e melodica) autore in giro da più di vent’anni che, con
il suo esordio All the Seasons of the day,
è esempio calzante di come si possa ancora fare dell’arte coniugando le
passioni di una vita, nel caso specifico il folk, il rock anni ’90, il grunge
di Pearl Jam e Alice in Chains e la psichedelia di fine ’60. Collaborano al progetto Matteo Dall'Aglio (batteria) e Lorenzo Mazzilli (basso e mandolino), interpreti non secondari del progetto, che parte
subito forte con Hey d, che pare proprio un omaggio ai Pearl Jam di Yield, brano tirato in cui Varisco accentua i tratti sporchi della
sua voce, coadiuvato anche dall’efficace chitarra di Sandro Lovato, che è ben
presente pure nella decisamente meno aggressiva September is, una ballata autunnale con una leggera spinta
psichedelica. Big sleep parla il linguaggio
dell’alternative rock anni ’90 e la chitarra è stavolta affidata ad Emanuele
Ricci, l’ottima Itchy Little House è
un crossover di psichedelia, rock e grunge, con Lovato che torna a tratteggiare
confini aperti, uno spirito settantiano che, a dire il vero, traspare in più
punti del lavoro. Afternoon ricorda
il Vedder solista dell’apprezzato Into
the wild, mentre Wisdom è una
ballata elettrica a cui prende parte nuovamente Lovato, quasi un membro
aggiunto della band, collaborazione che ha sviluppato momenti davvero gradevoli
all’interno del disco, come Lake,
ipnotica traccia dove emerge anche l’ombra lunga di Neil Young, riferimento che
troviamo in diversi frangenti di questo debutto. Si prosegue con Golden Hooks, tra Wizz Jones e Rick
Hayward, ma sempre con uno sguardo attento a calare certe melodie nel
contemporaneo, prima della delicata Flower,
il cui flauto (suonato da Enrico Varagnolo) è un tributo al Gato Barbieri di Bolivia, segno della grande curiosità
del compositore veneto. Coffee vede
Enrico Zennaro alla chitarra, un brano molto strutturato, nei cui dodici minuti
Varisco fa il compendio delle sue influenze, un trip tra psichedelia e grunge
che mi ha ricordato qualcosa del Jerry Cantrell solista, mentre I still cannot understand diventa la malinconica
chiusura cantautorale, intima e suggestiva, di un esordio ispirato e pieno di
pathos. (Luigi Cattaneo)
Big sleep (Official Video)
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