martedì 20 ottobre 2020

EGON, 100000 Km di vene (2017)

 

Già piacevolmente colpito dall’esordio Il cielo rosso è nostro del 2016, 100000 km di vene, uscito l’anno seguente, ripercorreva la stessa strada contrappuntata di new wave, alternative rock e post punk, confermando le tante qualità della band, divenuta nel frattempo un quartetto (Marcello Meridda alla batteria, Marco Falchi alla voce e alla chitarra, Francesco Pintore al basso e Davide Falchi alla chitarra). La via maestra la traccia I’m alive, tra grunge e new wave, oscura e malinconica è invece Invisibile, prima della maestosa carica di Notti senza luna. L’idea di trovarci dinnanzi ad un disco davvero importante viene consolidata dalla seguente Superficie e dalla furia di Per non morire mai, che ricorda alcuni momenti della discografia targata Il Teatro degli Orrori.  La lieve Terraferma e Oscurità sono invece in odore di Marlene Kuntz, mentre I hold you in my arms mostra come i sardi si muovano con disinvoltura anche quando si allontanano dalla lingua madre. La chiusura è affidata a una versione acustica di I’m alive, buona conclusione di un lavoro che mette di nuovo in risalto il talento del gruppo, che meriterebbe molto di più, in quanto trovo la proposta sì aggressiva e potente ma anche estremamente suggestiva e comunicativa, adattissima anche ad una platea più ampia di quella che riconosce le qualità insite in questa band davvero molto interessante. (Luigi Cattaneo)

Per non morire mai (Video)



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