Nati nel 2005 con
l’esigenza di raccontare sensazioni ispirate alle acque del fiume Isonzo (zona
dove sono cresciuti i componenti della band), I Salici continuano ad esplorare
il folk, imbevendolo di strutture psichedeliche e strumenti antichi. Marco
Stafuzza (viella e mandola), Devid Strussiat (voce, chitarra, e-bow, sax e
flauto), Stefano Razza (batteria), Simone Paulin (tromba, corno e djambè),
Stefano Rusin (basso e contrabbasso) e Marco Fumis (chitarra e percussioni)
hanno una visione del tutto personale della materia, un modo di intendere che
avevamo già avuto modo di analizzare da queste pagine con Nowhere better then this place, Somewhere better than this (2010),
vicino al folk inglese psichedelico dei ’70, e Sowing light (2015), dove le trame si facevano più asciutte
mantenendo un alone di fascino intenso e onirico. Dopo ben cinque anni è ora la
volta di The eyes of the unconscious riot,
distribuito ancora da Lizard Records, conferma di un percorso maturo,
caratterizzato dal forte legame con gli elementi della natura, fonte di
ispirazione costante per i friulani. L’inizio dark folk di Lost in one, con ritmiche corpose e penetranti, è la malinconica
partenza di un disco che si sviluppa nelle brillanti intuizioni strumentali di Orange e nell’evocativa Elapsed steam. Awakened needs descrive con innata grazia il viaggio dell’acqua,
mentre il bosco, con i suoi segreti e la sua magia, diviene la linea guida di On the wood, brano strumentale che
profuma di soundtrack. Nos pifan
riesce a suonare tradizionale ma calata nel contesto attuale, dote che I Salici
coltivano da tempo e che ritroviamo anche nella successiva Seed of the noun, che mostra un songwriting ricco e intimo, prima
della vibrante Arguments for the wind e
della conclusiva And the animals are
watching us, delicato epitaffio dell’ennesimo prezioso episodio di una
discografia tutta da scoprire. (Luigi Cattaneo)
Awakened needs (Video)
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