Quale migliore occasione dei vent’anni di attività per parlare di una delle metal band più longeve dell’underground svizzero? D’accordo, il territorio non è dei più floridi quando si parla di rock, ma nei decenni alcune band sono riuscite ad emerge con prepotenza, vedi i seminali Celtic Frost o i sempreverdi Gotthard, così come non si possono non citare i Krokus, i Samael e i Coroner o i più recenti Dawn (recuperate Loneliness del 2007). Certo, gli Heavy Demons probabilmente non emergeranno mai dal sottobosco dove navigano con innata fierezza dal 2001, ma la forza, la passione e l’amore per la musica, che accompagna il quintetto dagli albori, non può lasciare indifferenti, soprattutto a chi, come noi, vive di scoperte, di band che trovano poco spazio altrove, in perenne direzione ostinata e contraria (il Faber mi perdonerà la citazione). La pubblicazione di un cofanetto celebrativo da parte del gruppo ha stuzzicato la mia voglia di parlare del percorso dei ticinesi, andando a riscoprire le varie tappe che hanno sedimentato una storia lunga e nascosta, poco raccontata e che spero possa permettere alla loro musica di interessare qualche metal kids o incuriosire vecchi appassionati come il sottoscritto. La ruota gira attorno alla figura del carismatico vocalist Jack Demon, che, scegliendo Heavy Demons come nome della monicker, omaggia sin da subito lo storico album dei Death SS, in un periodo, tra l’altro, dove Steve Sylvester si allontanava dal tipico sound per sposare lidi più industrial e gothic. Una scelta di pensiero e di intenti chiara, guardare alla fine degli ’80 inizio ’90 del genere, mettendo insieme non solo le influenze più classicamente heavy ma anche tutto ciò che ci conduce all’area estrema di act come Slayer, Metallica e Megadeth, un horror thrash nerissimo e cupo che trova voce dapprima nel demo Light of darkness (2003) e poi nell’ep Empty inside (2004), dove spicca la claustrofobica title track e la lunga Infernal faith, che non trascurano accenni più classicamente death metal (con Jack troviamo Sick alla batteria, Paride al basso, Kevin e Ste alla chitarra).
I concerti non mancano e oltre a toccare la Svizzera e l’Italia portano Demon e compagni persino in Ungheria, ma ci vorranno ben sei anni per arrivare al primo full lenght, un’enormità di tempo per una band emergente, un percorso che porta alla creazione di Tenebra, un lavoro che andava a consolidare le intenzioni già ben espresse nel precedente ep, mostrando però una maggiore tecnica e un approccio anche più misurato alla composizione (da segnalare la nuova coppia di chitarre, formata da Piter e Russell). Ne sono esempio le bordate di heavy classico e thrash metal di Closer to die e Profanation, a cui fanno da contraltare le più immediate Welcome to my resurrection e Dark devotion, ma anche l’evocativa Lullaby of death, per un risultato complessivo davvero ottimo.
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