Attivi dal lontano 1987
(allora solo Avalon) la band di Torino è tornata in pista nel 2005, mantenendo
un sound piuttosto tipico del progressive rock nostrano dei ’70 (P.F.M., Le
Orme) che non dimentica lezioni di sofisticato pop (Formula Tre, Pooh) e
magniloquenti orchestrazioni figlie del grandeur anni ’80 (Queen, Scorpions).
Un contesto che ha poche novità da proporre e che si sviluppa tramite parti ora
più intricate, ora più evocative, ora più vicino alla forma canzone, aspetto
che il gruppo tiene ben presente per tutto il platter. I testi si indirizzano
in due tronconi: da una parte si legano alla saga di Excalibur, dall’altra
sviluppano argomenti di critica nei confronti dell’uomo e della società. Dopo
il debut Un mondo per sognare esce
ora sotto la denominazione Avalon Legend II (Adolfo Pacchioni alla chitarra,
Alessandro Crupi al basso, Lucio D’alonzo alla batteria, Mario Tornambè al
piano e alle tastiere, Salvatore Fiorello alla voce), Un sogno per cambiare, disco che denota una certa maturazione
compositiva a favore di brani sempre più progressivi ma comunque molto melodici
e orecchiabili. L’iniziale Il Balletto di
Specchi è uno dei momenti più progressivi, sette minuti piuttosto tirati
che rimandano non solo ai New Trolls ma ampliano il discorso verso qualcosa di
più attuale, soprattutto nei tappeti creati da Tornambè e da una sezione
ritmica propulsiva e dinamica. Chi li
fermerà ha un piglio epico che li pone vicino all’esordio degli Ingranaggi
della Valle, con il tastierista ancora protagonista e sempre ben coadiuvato da
tutta la band, mentre Oro Nero è un
brillante episodio di energico rock. Molto vitale anche la carica quasi hard di
Brocellandia, con un chorus solenne e
una buona parte strumentale, non decolla del tutto invece La bottega dei sogni, il primo episodio che manca un po’ di
coinvolgimento e feeling. Gli Avalon Legend funzionano meglio su composizioni
come La maga di Eld, trascinante
omaggio agli anni ’70, vicino a Delirium e Sigmund Freud e difatti la
successiva Non ci sono più cavalieri sembra
perdere un po’ di mordente. Spunta poi una gradevole ballata, I Fuochi di Beltane, uno degli episodi
maggiormente interessanti e dalla doppia anima, con una prima parte di pop
progressivo e una seconda decisamente più aggressiva ma ugualmente suadente,
che mette in mostra le qualità melodiche e tecniche dell’ensemble. Il finale è
segnato dall’hard prog convincente di L’ubriaco
e dalla bonus track live Killer (con
Piero Beltrame al basso), pezzo ispirato alla tragedia dell’11 settembre, tracce
estremamente piacevoli e variegate (soprattutto la prima). Il come back degli
Avalon Legend risulta quindi di buon livello e probabilmente i torinesi
meriterebbero maggiore visibilità all’interno del panorama prog italiano,
perché pur non inventando nulla di nuovo hanno dalla loro freschezza e verve.
Date loro una chance. (Luigi Cattaneo)
Il balletto di specchi (Video)
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