Nati più di dieci anni
fa, i napoletani Gecko’s Tear guidati da Claudio Mirone (chitarra e voce)
tornano con un nuovo album contraddistinto da un sound che riesce ad unire
l’amore per gli anni ’70 progressivi con la forma canzone, senza però mai
scadere in composizioni semplici o eccessivamente immediate. Aspetti che
avevamo già riscontrato nel debut Contradiction
(2006) e che qui forse sono più a fuoco, marcando un disco che potrebbe
piacere tanto ai fan del prog quanto a chi ascolta l’indie rock dei Med in
Italy e dei Marta sui Tubi o addirittura il crossover dei System of a Down. Indubbiamente
sarebbe un peccato rimanere nel limbo dell’underground, vista anche la
freschezza di certi momenti (basti ascoltare pezzi come Fastidio o La paura) e la
capacità di toccare più stili (l’iniziale Impermeabilità
con Fabio Renzullo gradito ospite alla tromba o Struzzo con l’ottimo Pietro Santangelo al sax), che porta Mirone ad
immaginare un cosmo in cui si ritrova il pop inglese, il prog italiano e
personaggi trasversali come Frank Zappa. La poetica del leader è proprio
questa, unire mondi differenti in piena libertà e per far ciò si è avvalso di
ottimi interpreti (Roberto Porzio al Rhodes e ai synth, Valerio Celentano al
basso e Marco Castaldo alla batteria) che lo hanno seguito nelle sue idee
bizzarre ma mai confuse e che riempiono questo concept incentrato sugli stati
d’animo. Ritorno gradevole, speriamo di non dover attendere altri dieci anni
per un nuovo capitolo targato Gecko’s Tear. (Luigi Cattaneo)
Per ulteriori informazioni e per acquistare l'album http://www.geckostear.com/
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