Paolo Siani ha iniziato
la sua carriera sin da giovanissimo, all’interno di un circuito musicale,
quello genovese, ricco di imput e di musicisti che di lì a poco avrebbero
firmato pagine davvero importanti del rock italiano degli anni ’70 e non solo.
E proprio nella cosiddetta Genova Beat dei ’60 nascono i Plep di cui faceva
parte proprio Siani con Enrico Casagni. L’arrivo in formazione di Giorgio Usai
come cantante e tastierista porta dapprima ad un cambio di nome in J.Plep e
alla pubblicazione di un singolo nel 1969, L’anima
del mondo. L’anno seguente arriva la svolta per la band ligure. Insieme ai
3 componenti storici entrano in formazione due validi chitarristi, Marco
Zoccheddu e Claudio Ghiglino. La novità è dietro l’angolo. Dapprima la
trasformazione in Nuova Idea e poi la musica che, influenzata dal rock
anglosassone, diventa sperimentale e trasgressiva. Inizia la stagione dei concerti,
la band si fa trovare da subito pronta e arriva la pubblicazione di un singolo
dal sapore innovativo come Pitea, un uomo
contro l’infinito. Il successo non tardò ad arrivare e nel 1971 la Nuova
Idea partecipa al festival di Viareggio dove presenta un brano di 20 minuti
figlio della nascente musica progressiva che sta contagiando anche l’Italia, Come Come Come, che viene poi riproposto
nello stesso anno all’interno del primo disco In the beginning. L’album pur essendo ancora acerbo mostrava già
quelli che potevano essere gli sviluppi futuri, soprattutto per merito di
questo torrenziale brano dalle sfumature psichedeliche che si contrapponeva
alle restanti composizioni decisamente meno ricercate. Grazie ad un intensa
attività live la band viene accolta sempre meglio dal pubblico e nel 1972
pubblica Mr. E Jones, che vede la
fuoriuscita di Zoccheddu a favore di Antonello Gabelli dei Corvi. L’album, un
concept sulla giornata di un uomo qualunque, si presenta più omogeneo e ricalca
quelle che erano le prerogative tanto in voga ad inizio decennio, richiamando
alla mente altri grandi gruppi come New Trolls e PFM. Si tratta di un disco più
fluido e continuo rispetto al precedente, un passo avanti verso il disco della
maturità che arriverà l’anno seguente, nel 1973, ossia Clowns. Ancora un rimpasto di formazione porta Ricky Belloni a
sostituire Antonello Gabelli e la novità si fa subito sentire. Un album pieno
di idee, compatto, articolato. Il merito ovviamente non è solo di Belloni, che
comunque risulta fondamentale per il suo modo granitico di suonare la chitarra
e per la sua voce a dir poco graffiante, ma di tutta la band che appare
finalmente coesa. In Clowns troviamo
un po’ di tutto: psichedelia, spunti jazz rock, progressive, hard rock. Il
risultato finale è un disco ricco di pregevoli spunti, equilibrato nel suo
incedere melodico ma di grande impatto, ricco di variazioni e di parti
strumentali avvolgenti. Purtroppo sarà anche l’ultimo capitolo a nome Nuova
Idea. La fine del gruppo porta Siani e Belloni a formare i Track e a pubblicare
Track Rock nel 1974 insieme a Guido
Guglielminetti in una sorta di sentito omaggio al rock’n’roll. Successivamente
Siani incide con Equipe 84 e Opus Avantra, segno dell’apprezzamento riscosso
dal musicista in quegli anni di contaminazione. Ma la musica a metà anni ’70
inizia a cambiare e così anche l’interesse e la curiosità per queste band e
quindi Siani abbandona come tanti altri suoi colleghi quel mondo sonoro che in
Italia aveva contribuito a creare e si trasferisce a Brescia dove decide di
occuparsi di tutt’altro salvo poi ritornare nel 1994 con Chrysalis, uno spettacolo multimediale dal sapore elettronico. Ma,
come si sa, il primo amore non si scorda mai e anche grazie ad un rinnovato
interesse verso il progressive da parte di appassionati e addetti ai lavori
Siani inizia a lavorare nuovamente ad un disco rock che sia ideale
proseguimento di quella che è stata una stagione irripetibile per la musica
italiana ma che contemporaneamente riesca a guardare in modo moderno alla situazione
attuale.
Nasce quindi Castles,
wings, stories and dreams a nome Paolo Siani and friends feat. Nuova
Idea, un disco corale a cui partecipano compagni musicali vecchi e nuovi come
Ricky Belloni, Giorgio Usai, Mauro Pagani, Marco Zoccheddu, Joe Vescovi,
Roberto Tiranti giusto per citarne qualcuno e che caratterizzano l’album uscito
ad inizio 2011 per l’etichetta genovese Black Widow, una delle più attente nel
rilanciare certi tipi di suoni e sempre pronta nel proporre musica di qualità
come in questo caso. “Ho ricominciato a scrivere, dapprima con risultati
orrendi, lo devo ammettere. Io credo che la musica non sia un dono divino ma un
esercizio quotidiano che va coltivato. Piano piano qualcosa ha iniziato a
funzionare, qualche riff, qualche groove dalla forma piacevole e ho fatto una
prima parte di lavoro dove ho scritto parole, musica e arrangiamento. La
gestione è stata abbastanza semplice. Ho telefonato agli amici di qualche anno
fa che, anche se sorpresi, hanno risposto positivamente. Abbiamo lavorato al
disco via computer … Io mandavo le parti che avevo fatto tramite Internet e
loro mi inviavano il file completo con il loro contributo. Qualcuno ci ha messo
anche 6 mesi! La cosa fantastica è stata trovare una vicinanza e un
affiatamento che ha dell’incredibile, come se fossimo stati in sala prove per
settimane!” Ciò che ne scaturisce è un prodotto dalle varie anime, capace di
coniugare il progressive con l’hard, il jazz con l’elettronica, in cui i suoni
e le sue sfumature nascono da una maturità che forse non si aveva a vent’anni e
che riesce ad avere uno sguardo sul passato glorioso del genere ma con
un’attitudine moderna. “Anche se sono passati tanti anni e ho un’età diversa
non sono un nostalgico e trovo abbastanza patetico quando uomini della mia età
ripropongono sé stessi come erano più di 30 anni fa. Penso non sia sempre
necessario. Ho preferito fare cose inedite senza compiacimento ma anche senza
negare le sonorità che mi appartengono. Credo sia venuto fuori un disco di
oggi.” E difatti non si può parlare di una reunion della Nuova Idea, quanto più
di un nucleo allargato di musicisti che hanno partecipato attivamente alla
creazione dell’opera, guidati da Siani, maestro cerimoniere e capitano di
questo ensemble.
La Nuova Idea è
stata al centro anche di un curioso caso, un piccolo mistero che per anni è
rimasto irrisolto e ha appassionato i feticisti della materia. Difatti dietro
le sigle Psycheground Group e Underground Set (nel primo caso è possibile
procurarsi la recente ristampa della BTF dell’omonimo lavoro del 1971) si
celavano proprio i liguri! Psycheground Group era semplicemente il frutto di
session tra i musicisti della band nello studio romano di Gianfranco Reverberi
che servivano per tastare i mezzi tecnici dello stesso, dove furono poi
aggiunte delle parti create da Reverberi al piano e al vibrafono. Underground
Set invece non vedeva impegnati i musicisti tutti insieme ma secondo le
esigenze di Reverberi che aveva già parti pronte da essere incise (due lp
registrati). “Questi dischi li abbiamo registrati tra La mia scelta dei J.Plep e Pitea,
un uomo contro l’infinito dei Nuova Idea. Del disco a nome The Underground
Set ero a conoscenza, di quello dei The Psycheground Group non sapevo nulla.
Non sono stati pubblicizzati all’uscita perché eravamo già impegnati
contrattualmente come Nuova Idea e gli album erano destinati alla musica di
sottofondo per pubblicità e colonne sonore. Quindi si cercava di avere costi
minimi ma massimo rendimento editoriale, tranne che per noi! Sai a quel tempo le
session e il lavoro di studio ci servivano per guadagnare qualcosa e per fare
esperienza che, nonostante lo “sfruttamento”, ci ha giovato molto in seguito,
nella realizzazione autonoma dei dischi successivi … ”
Arriviamo al
presente e all’uscita fresca di giorni (sempre per Black Widow) di Faces with no traces, con il singolo Three things presentato qualche settimana prima che si allontana
dalle sonorità tipiche del prog e che fa ben sperare per un lavoro che è stato
curato da Paolo insieme ad alcuni vecchi amici della Nuova Idea negli ultimi 2
anni.
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