Fondati nel lontano
1982 da Simone Calciolari (unico membro della formazione originale ancora
presente), i Dark Ages nel corso degli anni hanno vissuto stagioni alterne
condite da lunghi stop. Difatti dopo il debut Saturnalia del 1991 si sono dovuti attendere ben vent’anni per la
pubblicazione della prima parte di Teumman,
completata poi nel 2013. I due dischi, di cui abbiamo ampiamente parlato su
queste pagine, diedero loro l’opportunità di avere una discreta attività
concertistica e di essere apprezzati non solo dai fan del metal ma anche da chi
è più vicino al sound classico del progressive. Un concept che con l’aiuto di
una compagnia teatrale e di alcuni attori/cantanti divenne addirittura una Rock
Opera, un progetto ambizioso ed impegnativo che andava a certificare la bontà
del loro operato. Dopo alcuni cambi di line up (quella attuale è formata da
Simone Calciolari alla chitarra, Gaetano Celotti al basso, Roberto Roverselli
alla voce, Carlo Busato alla batteria e Angela Busato alle tastiere),
l’ensemble arriva oggi a pubblicare A
closer look, un album dove le tematiche fantasy sono state sostituite da
pensieri attuali e che riguardano la quotidianità, uno aguardo più attento su
ciò che nella società moderna è divenuto normale pur non essendolo affatto. Un
cambiamento già evocato dalla splendida foto di copertina fatta a Castelluccio
di Norcia e opera di Elisa Catozzi, pur se poi le caratteristiche peculiari del
sound non sono così dissimili dal passato più recente, con un accento maggiore
sulle fasi progressive, che qui divengono un elemento centrale. La sontuosa
title track iniziale ha una partenza strumentale raffinata, con Angela
indubbiamente importante per raggiungere l’ideale climax su cui si inserisce
Roverselli. Nel corso di quasi otto minuti i veronesi si destreggiano tra cambi
di tempo e parti rocciose, con le tastiere sempre attente nello smussare le
spigolosità insite nel sound, un elemento che permette al gruppo di avere un
approccio alla materia che non disdegna tratti sinfonici. Ottimamente
strutturata anche Till the last man
stands, uno dei pezzi più coinvolgenti tra i presenti e apripista per le
note suadenti di Yours, altro brano
piuttosto articolato in cui possiamo scorgere umori sia dei Fates Warning che
dei primi Dream Theater. La lunga At the
edge of darkness raccoglie le stesse pulsioni, una sorta di compendio delle
esperienze maturate, tra passaggi heavy prog vagamente Queensryche, sospensioni
atmosferiche e un crescendo corale ben orchestrato. Dopo tanta grazia un lieve
calo con la comunque piacevole ballata elettrica Against the tides, la composizione che più si discosta dalle altre
e che vede partecipare le voci di Claudio Brembati (cantante degli
Anticlockwise, freschi del nuovo Raise
your head), Ilaria L’Abbate e Tiziano Taffuri (utilizzati nello spettacolo
tratto da Teumman), oltre che il sax
di Enrico Bentivoglio e con The anthem, un hard rock diretto e con pochi
fronzoli. La conclusiva Fading through
the sky (in cui compare anche una parte recitata da Paul Crespel), chiude
invece epicamente un ritorno che non vuole brillare per originalità ma che
ricerca costantemente pathos e feeling, confermando i Dark Ages come una band
capace di comunicare qualcosa, caratteristica che da sempre accompagna il
quintetto veneto. (Luigi Cattaneo)
A closer look (Video)
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