Mancavano dal 2009 i
CantinaSociale, dal valido Cum Lux che
vedeva ancora nelle vesti di cantante Iano Nicolò, conosciuto soprattutto per
la sua militanza negli Arti&Mestieri. Per questo come back gli astigiani
hanno deciso di dare libero sfogo ad una creatività tutta strumentale, una
verve espressiva catturata nel nuovo Caosfera,
lungo sette tracce ispirate, che non dimenticano la lezione dei mostri sacri
del progressive ma contemporaneamente cercano di non avere addosso un’etichetta
a volte limitante. Chiaramente le stigmate del prog italico dei ’70 ci sono e
il gruppo ha lo spirito di quel periodo stampato nel proprio DNA (anche perché
alcuni elementi della formazione derivano proprio da quel decennio così
caratterizzante). La band continua quindi la ricerca di un sound che possa
rispolverare una stagione indimenticabile senza farla diventare ossessione (in
questo mi hanno ricordato gli ottimi Phoenix Again), una componente
fondamentale di una musica immaginifica che diviene colonna sonora di un
ipotetico racconto filmico (e difatti la travolgente Temporali nascosti è il sonoro dell’omonimo cortometraggio muto del
regista Livio Musso). Un approccio che mi ha riportato alla mente anche il
buonissimo Stati di immaginazione della
P.F.M. , soprattutto per la volontà di essere comunicativi senza abbandonare
sovrastrutture e intrecci articolati, con il gruppo che a mio avviso ha toccato
l’apice della sua carriera, forti anche di una certa coesione d’intenti che li
ha portati ad adeguata maturazione. Oltre a Rosalba Gentile (piano e tastiere),
Elio Sesia (chitarra), Marina Gentile (chitarra), Massimiliano Monteleone
(percussioni) e Lucas Onesti (basso) in Caosfera
troviamo anche Filippo Piccinetti al basso nell’intrigante title track,
Christian Saggese (Isildurs Bane, Ares Tavolazzi, Richard Barbieri, Tony Levin)
alla chitarra classica nella delicata malinconia di Verso sera e Davide Calabrese alla batteria. Il disco è il
risultato del lungo periodo intercorso tra l’attualità e il lavoro precedente e
mostra una compatezza di fondo ineccepibile, che si inesplica in brani spesso
caratterizzati da solenni crescendi. Uno schema quasi post che infonde energia
e vigore a strutture brillanti e ben studiate, in cui gli astigiani hanno
calibrato momenti emozionali di sicuro impatto (Graffiti) attraverso una musicalità che vive sì di virtuosismi ma
privilegia il pathos e la ricerca di un feeling che possa coinvolgere davvero
chi ascolta. Le composizioni più lunghe vivono di atmosfere rarefatte che si
trasformano in pulsioni rock illuminanti (Dune),
con un interplay tra le parti equilibrato, in cui colpisce il lavoro delle due
chitarre e le armonizzazioni sinfoniche di Rosalba Gentile. Una voglia di
libertà compositiva che si traduce in soluzioni disparate (un po’ come hanno
spesso fatto i Finisterre o i Giardini di Mirò), dove si finisce per perdere
certe convenzioni pur muovendosi all’interno di un genere vecchio quasi cinquant’anni.
Forse è proprio questa la forza dei piemontesi, essere riusciti ad omaggiare la
stagione d’oro del progressive italiano con coerenza pur rimanendo ancorati
all’idea di poterla raccontare come un gruppo del 2017, con confini dilatati e
la volontà di poter essere apprezzati anche da chi non è del tutto avvezzo al
genere. (Luigi Cattaneo)
Caosfera (Album Trailer)
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