Hustle & Bustle è il quarto disco del prolifico Sergio Caleca
e del suo progetto habelard2, che solo qualche mese fa ci aveva deliziato con Maybe, l’album per ora più convincente
di questo suo percorso da solista (il compositore è anche tastierista degli Ad
Maiora). Rispetto al lavoro precedente, che era stato registrato insieme ad
altri ottimi musicisti, Caleca ripropone lo schema di Qwerty e Il ritorno del gallo
cedrone, episodi in cui si era destreggiato come one man band suonando
tutti gli strumenti. Anche in questo come back il milanese forgia un’ora di
prog strumentale di buona fattura in cui emerge il suo amore per Claudio
Simonetti, P.F.M., Keith Emerson, i Genesis e la scena di Canterbury, influenze
che traspaiono con estro e una certa raffinatezza estetica, donando all’opera
un risultato complessivo godibile e che mostra la preparazione dell’autore. Si
parte con Frère Jacques, brano in cui
viene citato il canone francese Fra
Martino Campanaro, abbellito dalle tastiere che riproducono sax, tromba e
organo. Dolce è caratterizzata da una
ritmica di basso su cui Caleca libra con le sue tastiere, così come non
dissimile è il lavoro su Giada, in cui
appare anche il suono del flauto. Progressive sinfonico di eccellenza in Alice, prima della lunga e ricercata Folk e Martello e di Tragico nr.2 in cui riappare la chitarra
elettrica. Celtic dream, lo dice il
titolo, è un omaggio all’Irlanda dettato dalle sonorità tipiche di quelle
terre, qui riprodotti con le immancabili tastiere. DeboleFortePiano vede invece il nobile strumento di 88 tasti
protagonista, 22 corde ha nella
chitarra acustica l’elemento sorpresa tenuto sinora nascosto, mentre Cinc ghei pusè ma rus è più vicina al
jazz rock e si mantiene su buoni livelli. Gli anni ’70 si palesano ancora con
più forza in Seventies e non sono da
meno le escursioni prog della title track e il nobile sinfonismo di Finalino, che chiude questo ritorno
stimolante e ancora una volta appetibile dagli amanti di certi suoni. (Luigi
Cattaneo)
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