sabato 2 dicembre 2017

SALMAGUNDI, Life of Braen (2017)


Definirlo il progetto progressive di Enzo Zeder, bassista dei Kotiomkin e degli Egon Swharz, è riduttivo. Chi conosce l’autore conosce anche la sua trasversalità e l’amore per certe strutture oblique, diretta conseguenza sì del suo interesse per il prog (ma quello inconfondibile dei Cardiacs), abbinato però alla voglia di dire qualcosa cercando di allontanarsi dai clichè sinfonici o jazz rock. E allora ecco qua un quartetto formato da due solidi bassi (Enzo P. Zeder e Francesco Pacifici), un batterista (Mattia Maiorani) e un eccentrico cantante (Franco Serrini, impegnato anche ai sintetizzatori), che con Life of braen (stampato in edizione limitata a 222 copie in digipak serigrafato e numerato a mano) mi fanno pensare più che altro ad una new wave dissacrante ispirata ai The Residents, così come agli Earth di Dylan Carlson e allo stoner doom dei gruppi madre di Zeder, sempre ottimo interprete di sonorità spesse e cupe. Il nuovo progetto si allontana ancora di più dagli standard, proponendo un crossover di influenze per nulla canonico, che finisce per dare vita ad un esordio dai tratti meno definiti ma estremamente curioso. La furia ritmica non può che rimandare anche ai Primus e ai Colonel Claypool’s Bucket of Bernie Brains e a certo post punk ottantiano, condito da un alone melodico che dona respiro a brani che rischierebbero di mostrare solo l’ala più potente del platter. Sullo sfondo fanno capolino anche le note dolenti di Tom Waits e di Nick Cave e dei suoi stralunati Grinderman, personaggi che completano un quadro di non facile assimilazione che può essere apprezzato solo dopo diversi ascolti, quando si coglie il senso dietro un disco volutamente schizoide e libero, nato da un quartetto pericolosamente “sconvolto”. (Luigi Cattaneo)
 
Viridian face with a crimson tongue (Video)
 

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