Dalle stesse session di
The Stone House, registrato dal
quartetto formato da Mark Wingfield (chitarra), Markus Reuter (touch guitar),
Asaf Sirkis (batteria) e Yaron Stavi (basso), arriva il nuovo The Lighthouse, disco in trio in cui
l’assenza del bassista priva il lavoro di alcune dinamiche ritmiche a cui ha
dovuto sopperire la classe di Reuter. Il substrato rimane quello del platter
precedente (ma registrato il giorno prima), un crossover improvvisato e sperimentale
che evade i generi, tumultuoso nei suoi sviluppi e probabilmente più audace di The Stone House, anche se meno fluido.
La libertà artistica dei protagonisti coinvolti è conosciuta e appoggiata dalla
fervida Moonjune Records, un percorso che affronta con coraggio jazz, prog,
improvvisazione e rock, il tutto all’insegna della pura spontaneità, che riesce
a portare alla costruzione di brani complessi ma suggestivi (soprattutto le
iniziali Zinc e Derecho). Di certo alla base vi è un’idea ambiziosa, ritrovarsi in
uno studio, suonare, registrare e allontanarsi da ogni convenzione, una
metodologia affascinante in cui la fantasia va al potere, anche se si corre il
rischio di lasciarsi prendere troppo la mano (è il caso di Ghost light e Magnetic,
long track che avrebbero giovato di una minore prolissità). Un prodotto che nel
suo essere free diviene estremamente articolato e portatore di un verbo che è
un melting pot dei King Crimson più audaci, delle visioni sfumate dei Simak
Dialog e dell’avanguardia ostica accostabile a tanti ensemble della tedesca
ECM, un album in cui il trio abbandona ogni remora a favore di costruzioni che
senza timore guardano oltre. L’inclusione di così tanti elementi ha generato
un’istantanea che viaggia a corrente alternata ma che premia l’immaginazione e
l’istinto di tre grandi sperimentatori dello strumento. (Luigi Cattaneo)
A hand in the dark (Video)
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