venerdì 14 dicembre 2018

IVANO FOSSATI, Il grande mare che avremmo traversato (1973)


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Ivano Fossati, da sempre inserito nella corrente progressiva più per il suo essere stato il primo cantante dei Delirium, che per reali meriti prog della sua carriera da solista, realizzò, dopo aver abbandonato il gruppo genovese,  Il grande mare che avremmo traversato nel 1973 e Poco prima dell’aurora in coppia con Oscar Prudente l’anno successivo. Ma andiamo con ordine. Il grande mare che avremmo traversato, il primo da solista, è uno di quei lavori che può causare diatribe tra chi lo considera un ottimo punto di partenza e chi lo vede come un disco ancora poco personale. La verità, come spesso accade, potrebbe stare nel mezzo. Perché se è vero che nel complesso appare un po’ acerbo, è anche vero che non mancano momenti affascinanti, degni di nota e sopra la media. D’altronde Fossati prosegue nella direzione precedente al suo esordio, quel Dolce Acqua a nome Delirium che era pregno di prog folk acustico, che qui però viene innervato da forti influenze jazz, soprattutto quello brasiliano di Deodato (la strumentale e lieve Jangada ma anche Canto nuovo), con il flauto, la chitarra classica e il Fender Rhodes assoluti protagonisti, una sezione d’archi di 18 elementi, un ottetto di fiati e l’apporto di Marco Ratti al contrabbasso (elemento di spicco del jazz italiano). Il mare, come dice il titolo, è l’elemento cardine e continuo a cui rivolgersi, non solo quello della sua Genova, ma anche quello del Brasile (ne è un esempio Da Recife a Fortaleza). La title track (divisa in tre parti) e la stupenda All’ultimo amico sono gli attimi in cui emerge proprio di più quel suo passato da poco abbandonato e sono tra i brani migliori della sua iniziale carriera in solitaria. Pur non convincendo nella sua totalità, Il grande mare che avremmo traversato è quindi un album dove affiorano le capacità dell’artista di creare piccoli bozzetti evocativi e malinconici, dove traspaiono le varie anime musicali del compositore, che poi si evolveranno in maniera più organica negli anni a venire, che consacreranno Fossati come uno degli autori più intelligenti del panorama nostrano. (Luigi Cattaneo)

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