Terzo lavoro discografico, dopo l’esordio omonimo
del 2006 e Charybdis del 2008, per gli
spagnoli October Equus, che con Saturnal confermavano
quanto di buono avevano espresso in precedenza, forti di un incedere sonoro
ricco di sfaccettature e di giochi stilistici piuttosto complessi. Nessun
compromesso quindi per quella che in patria è ritenuta la band di punta del
movimento R.I.O. e avant-prog. Nei primi tre brani la band mette subito tanta carne
al fuoco: il clima oscuro e crepuscolare evidenzia affinità con diversi lavori
dei King Crimson, con le soluzioni adottate dagli spagnoli che risultano ad
alto tasso di difficoltà, in un connubio molto azzeccato tra la chitarra di
Angel Ontalva (autore di ottimi spunti solistici), il doppio sassofono suonato
dalla coppia Fran Mangas e Alfonso Munoz e il violoncello di Pablo Ortega.
L’ascolto si fa difficile e l’attenzione da porre con il passare dei minuti
diventa elevata, ma ciò che emerge è la capacità della band di saper affascinare
l’ascoltatore, proprio in virtù di situazioni complicate ma ammalianti. Si
arriva a metà lavoro e si ha la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un
gruppo pieno di idee, che a volte si spinge fin troppo in direzione di
quell’avanguardia progressive che in taluni casi risulta attenta al particolare
e alla minuziosa rifinitura, ma si dimentica della comunicabilità del prodotto.
Il risultato, comunque apprezzabile, a volte si perde tra mille finezze che
sfavoriscono l’insieme. Croce e delizia di un genere, che se trova cento
estimatori, trova altrettanti detrattori. Si arriva così a Sutices ecuaciones vivientes, molto articolata, il cui tortuoso
incedere e i molteplici cambi di tempo sono alleggeriti dal solo di Ontalva,
utilizzato come un chorus (se questo è il termine più giusto per un disco degli
October Equus). Le conclusive Abre los
ojos e Ultimo refugio non fanno
altro che confermare i giudizi espressi sin ora, soprattutto quest’ultima,
malinconica ma vibrante, di umore inquieto, con tutta la band partecipe e
capace di creare anche momenti meno astrusi ma non per questo di minor valore. Non
una band per tutti. Questo può essere il giudizio finale una volta giunti al
termine del lavoro. Perché l’album ha bisogno di svariati ascolti per essere pienamente
immaganizzato e apprezzato. Tolte alcune pecche, a volte comuni ai gruppi che
pensano e sviluppano la materia progressiva dentro certi canoni, non si può non
rimanere quantomeno affascinati da quanto propongono gli spagnoli. Ascolto
quindi obbligatorio per gli amanti dell’avant prog settantiano stile Henry Cow,
oltre che dei contemporanei Yugen. (Luigi Cattaneo)
Una mirada furtiva en la noche saturnal (Video)
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