Torna la follia in
musica, tornano i Salmagündi, quartetto formato da Franco Serrini (voce e
synth), Enzo P. Zeder (basso e synth già conosciuto per i progetti Kotiomkin ed
Egon Swharz), Francesco Pacifici (basso) e Mattia Maiorani (batteria), di cui
già avevo decantato le lodi per l’esordio Life
of brain. La schizofrenia del debutto non si è attenuata, e le nevrotiche
pulsioni crossover forgiano un ritorno in cui pezzi come I ate you! o The big bother mostrano
come si possa scrivere in modo originale senza scadere nell’incomunicabilità,
tra sfuriate ritmiche, rallentamenti psichedelici, cadenzate invocazioni, tempi
dispari e una serie micidiali di idee che potrebbero firmare almeno il doppio
dei pezzi. Cheese fake è un altro
tributo alla libertà di pensiero, una struttura lontana da forme mentis
omologate che diviene straniante fascino emotivo. Cockayne si muove sinuosa e free tra recitativi, linee di basso ipnotiche
e synth impazziti, per terminare in un caos noise e schizzato. Quando fare
progressive significa fregarsene e seguire l’istinto, unire generi legandoli
tra loro, cosa che accade anche nelle ottime Mrs Braen aka Tanta Voglia Delay e Mumbo Jumbo, in cui Serrini in alcuni momenti ricorda la varietà
stilistica di Mike Patton e Serj Tankian. D’altronde il mondo di Patton, unito
a quello policromo di Les Claypool e alle visioni geniali di Zappa, sembrano
tra gli imput del progetto ma il tutto è riletto e aggiornato con una
personalità che diviene puro e candido menefreghismo. Chiude lo stralunato
viaggio Rose marries B (W-Omen), una
sorta di lungo outro strumentale che si discosta da quanto ascoltato sinora,
finale sospeso e dai contorni indefiniti, come sono quelli di una band
assolutamente fuori da ogni schema e forse anche da ogni logica. (Luigi Cattaneo)
Mumbo Jumbo (Video)
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