La storia del
progressive italiano ci ha spesso insegnato, che per quante band siano emerse
tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70, ci saranno sempre meteore che per
motivi di varia natura, finiranno per essere ricordati come gruppi misteriosi,
di cui si è sentito parlare negli anni, che hanno lasciato dietro di loro
fantasie e aneddoti, ma nessun disco, salvo poi chiedere a gran voce, una
seconda chance. Negli ultimi anni abbiamo assistito al debutto di Quanah
Parker, Sigmund Freud, Struttura e Forma, Baro Prog – Jets, Il Cerchio D’oro o
Posto Blocco 19, tutti esempi lungimiranti di ensemble che solo il tempo ha riportato
a galla, dando loro una visibilità che ha reso possibile conoscere realtà
valide e interessanti. Non fanno eccezione i Magia Nera di Bruno Cencetti, nati
ufficialmente nel 1969 (ma vi è un preludio a nome Nuova Esperienza, monicker
decisamente più beat) di cui si parlava dalle pagine dello storico Ciao 2001 nel lontanissimo 17 ottobre
del 1972, in un articolo firmato da Massimo Scatizzi, che ne decantava lodi e
qualità, oltre che raccomandare i discografici di capire i cinque ragazzi,
impegnati in un hard rock duro e miscelato al blues. Ma allora cosa è successo
al quintetto? Come mai la storia ha scritto per loro un tragitto che li ha portati
solo nel 2018, dopo decenni di oblio, ad incidere l’ottimo L’ultima danza di Ophelia? La leggenda (vera o presunta) vuole che
nel 1973, un incendio distrusse il loro furgone e tutte le registrazioni dei
liguri, pronti a debuttare di lì a poco, spegnendo i sogni di gloria di amici
cresciuti con Led Zeppelin, Deep Purple, Black Sabbath, Cream, Uriah Heep e
Jimi Hendrix. Tempi in cui i Magia Nera portano la loro musica (fatta essenzialmente
di cover rivisitate) nei festival, condividendo il palco con i Latte e Miele e
i Come le Foglie (era il 22 luglio del 1972 quando a Bottagna, in provincia di
La Spezia, si svolgeva il Free Folk Festival), facendo vincere la passione
contro le difficoltà quotidiane, fatte di rate degli strumenti da pagare, pause
forzate e desideri infranti. Ma quell’alone di fascino, insito in racconti
velati di culto, porta il produttore spezzino della Akarma Giorgio Mangora,
curioso lettore proprio di Ciao 2001 e
dell’opera Rock ribelli e avanguardia di
Diego Sanlazzaro, a contattare Cencetti, chitarrista e leader dei liguri. La
reunion con la formazione del 1972 (ad esclusione del tastierista Orazio
Colotto, che si è trasferito in America ed è stato sostituito da Andrea Foce,
troviamo Emilio Farro alla voce, Lello Accardo al basso e Pino Fontana alla
batteria) porta alla pubblicazione di L’ultima
danza di Ophelia, granitico hard prog che omaggia le influenze di una vita,
seppure Bruno ci tiene a precisare che il disco è stato scritto tutto nel
presente, pur avendo un forte sguardo verso i gloriosi ‘70. Elemento
imprescindibile nella sontuosa Suite:
dieci movimenti in cinque tracce, quasi venti minuti in cui emerge tutto il
background di Cencetti e soci. Il dark prog ammalia la title track, prima
dell’oscura e sabbathiana Il passo del
lupo, mentre gli Uriah Heep di Very
‘Eavy … Very ‘Umble vengono citati in La
strega del lago e nella cover Gipsy.
Notevole e tirata anche La tredicesima
luna, che mostra un songwriting sì vintage ma fresco e ispirato.
Le buone
reazioni dopo l’uscita di questa opera prima portano i liguri a lavorare da
subito su nuove idee, che si concretizzeranno con l’uscita, qualche mese fa, di
Montecristo, concept album improntato
sull’omonima opera di Alexandre Dumas del 1844. Proprio come per il precedente
i Magia Nera creano una miscela esplosiva di hard, prog e dark, un impronta da
rock opera che si sviluppa come un’unica suite suddivisa in quattro capitoli,
macroaree dove la narrazione segue l’incedere della storia in maniera
innegabilmente coinvolgente. Tra ritmiche dispari e potenti, una chitarra
aggressiva e sempre ben presente, un Hammond inquieto (suonato dal nuovo
arrivato Fabio D’Andrea, impegnato anche al basso, alla chitarra e alle percussioni)
che sostiene la vocalità spinta di Farro, si dipana il racconto che vede Edmond
Dantes protagonista di una trama fatta di prigionia, fuga e vendette. La
tenacia di Cencetti e l’amore per la musica marchiano a fuoco il nuovo percorso
dei Magia Nera, regalandoci l’ennesima sorpresa targata anni ’70, meritevole di
apprezzamenti e di essere sostenuta da tutti gli amanti di certi suoni. (Luigi
Cattaneo)
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