Bassista, chitarrista e
pianista, Matteo Muntoni ha sviluppato negli anni progetti ed esperienze
decisamente trasversali, dai seminari guidati da Ellade Bandini, Attilio Zanchi
e Paolo Fresu alla laurea in basso e contrabbasso jazz, passando per i dischi targati
Janas, Piccolo Ensemble Elettroacustico e Samurau e lo studio della musica
elettronica presso il Conservatorio di Cagliari. Un profilo decisamente
interessante e curioso, che ha dato vita al nuovo Radio Luxembourg, uscito a suo nome qualche mese fa e registrato
insieme a Marco Ceredda (vibrafono e percussioni), Stefano Vacca (batteria ed
elettronica) e Michele Sanna (chitarra). La dedica alla mitologica emittente
radio, che trasmetteva da una nave ancorata in acque extraterritoriali, parte
con On the moon, minimale apertura
improntata ad un’elettronica che si sposa con il tocco lieve della chitarra
acustica, per poi aprirsi sorniona e finire in sognanti territori di post
psichedelico. L’ottimo inizio sfuma nella seguente The jellyfish dance, decisamente prog, con le tastiere di Andrea
Sanna che donano ancora maggiore profondità al risultato complessivo. La title
track avanza con una linea ritmica implacabile e ossessiva, su cui i vari
elementi chiamati in causa contrappuntano la struttura volutamente ripetitiva e
insistente, un complesso di elementi che deflaga in un finale aperto a
contaminazioni progressive accentuate. The
man and the journey riprende certi principi, contaminandoli di un indole
jazz piena di pathos e ammaliante quiete, salvo poi esplodere in un trip
elettrico potente e dal mood al limite dello stoner. La lunga Dust and guitars ci avvicina al finale
non disdegnando linee psichedeliche affascinanti, mentre la conclusiva Werewolf cricket mette insieme spunti
rock, prog e un pizzico di follia zappiana che non stona affatto. Senza vincoli
di genere, Muntoni ha portato avanti un discorso organico e fedele alle sue
idee, concretamente ispirato al suo ampio background, firmando un concept
strumentale suggestivo e raffinato. (Luigi Cattaneo)
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