Gabriele Crisafulli (in
arte Gabriels) è un pianista con un background molto ampio e nel suo curriculum
annovera l’insegnamento di tecnologie musicali e lo studio al conservatorio
Angelo Corelli di Messina, a cui il siciliano ha abbinato una forte propensione
per il metal sinfonico e il power. Sin da piccolo Gabriele ha dato sfogo alla
sua passione, che lo ha portato nel corso del tempo ad essere apprezzato nella
scena epic italica e a pubblicare diversi album da solista. Dopo aver inciso
nel 2013 Prophecy, una rock opera
dedicata alle vittime dell’11 settembre con Mark Boals alla voce (Yngwie
Malmsteen, Royal Hunt, Ring of fire), oggi si presenta con un altrettanto
ambizioso progetto, Fist of the seven
stars act 1, il primo capitolo di una trilogia. Gabriels si destreggia tra
tastiere e voce e viene accompagnato da una serie di ottimi guest tra cui
troviamo cantanti come Wild Steel (Shadow of Steel), Dario Grillo (Platens),
Ida Elena (Bare Infinity), Dave Dell’orto (Drakkar), chitarristi che rispondono
al nome di Glauber Oliveira (Dark Avenger), Stefano Calcagno (Metatrone),
Francesco Ivan Sante Dall’O (che abbiamo incontrato nell’ultimo Tzad) o Davide
Perruzza (dei bravissimi Metaphysics), così come spiccano Dino Fiorenza al
basso (Metatrone) e Andrea Tower Torricini (Vision Divine) al basso e alla
chitarra (impossibile però citare tutti gli ospiti presenti nel platter).
L’opera rock è un libero adattamento al manga Hokuto no Ken (Ken il
guerriero in Italia) e già dall’iniziale Fist of steel, in cui si percepisce l’amore per Vision Divine e
Labyrinth, è chiaro il trademark dell’album. La seguente She’s mine ricorda un altro grande gruppo italiano, quei Rhapsody
che nel lontano 1997 con Legendary tales diedero
una bella scossa al panorama power dell’epoca. Mantiene alto il tasso di
epicità anche Mistake e sul versante
neoclassico si staglia la piacevolissima Seven
stars, prima del tipico attacco power di A new beginning. Bella la ballata Brake me, posta sapientemente a metà album, a cui fa seguito
l’ennesimo trionfo power di My advance,
con le tastiere del leader poste in evidenza. Punta molto sull’aspetto emotivo To love, ever invain e non è da meno
l’intensa Sacrifice mentre torna
l’attitudine power in Black
gate. Revenge invain è
decisamente più ragionata e mostra le capacità di scrittura di Crisafulli,
infine arriva la lunga Decide your
destiny, un brano vicino agli Stratovarius degli anni ’90 e con una seconda
parte che evidenzia influssi proggressive. Il disco è indubbiamente gradevole e
chi ama le sonorità epic power nostrane non farà fatica ad innamorarsene,
chiaramente chi è alla ricerca di soluzioni alternative o novità di sorta
rimarrà deluso, perché l’album è ben codificato su un genere che ha le proprie
insindacabili regole e difficilmente da queste scappa. (Luigi Cattaneo)
Black gate (Video)
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