domenica 26 novembre 2017

TREWA, Beware the selvadic (2016)


Luca Briccola è uno di quei personaggi dell’underground italico che spesso raccoglie meno di quanto semina. Mogador, Trewa, Sarastro Blake, gruppi autori di ottimi album troppe volte conosciuti più dagli addetti ai lavori che purtroppo dagli appassionati. Sperando non sia il caso anche di questo Beware the selvadic, terzo disco targato Trewa (Luca Briccola alla chitarra, alle tastiere, al flauto, alla fisarmonica, al banjo e alle percussioni, Lucia Amelia Emmanueli alla voce, al flauto e al clarinetto, Claudio Galetti alla voce, Joseph Galvan al basso, Filippo Pedretti al violino e al glockenspiel e Mirko Soncini alla batteria) e contaminato da maggiori influenze heavy, a cui vanno affiancate le solite componenti folk e progressive (Pentangle, Jethro Tull, Opeth). Permangono quindi le sonorità tipiche dei comaschi, a cui però vengono aggiunte sfuriate hard che finiscono per rendere la proposta maggiormente greve e in alcune parti accostabile agli Eluveite. Si parte con Skaldic kin (ispirata alla medievale Cantiga n ° 166), un crossover ben riuscito di folk, dark e metal abbellito dal violoncello di Irina Solinas. A seguire Where the hawks wait ready (che invece si basa sul tradizionale irlandese Sweeney’s buttermilk), decisamente heavy seppure fanno capolino strumenti tradizionali come il whistles di Massimo Volontè e il bodhran di Riccardo Tabbì. Si vira verso il folk con la ballata The soldier’s scars, mentre il country di Cold frostly morning viene utilizzato per Awakening, brano dove troviamo anche i consueti fraseggi prog metal del sestetto. Pure The woodwose si avvale di tale dicotomia, con la struttura folk che viene irrobustita da ritmiche accelerate e grandiosi riff chitarristici, un pezzo epico tra i migliori del platter. Se White sails continua sulla stessa falsariga, Sublime selvadic guarda al medioevo catalano (riprendendo il tema Stella splendens) con le importanti partecipazioni di Tabbì, la voce di Richard Allen e l’arpa di Rossana Monico. The quiet lady segna il ritorno della Solinas e del folk marcato Trewa, così come Olaf the stoner si basa invece sul medievale norvegese Herr Olof e veleggia in territori prog folk metal. In A shimmering sword vi è di nuovo il bodhran di Tabbì ma soprattutto la cornamusa di Melissa Milani, che ovviamente finisce per dare quel profumo di Scozia alla composizione. Clayton riprende il klezmer Odessa Bulgarish contornandolo di sviluppi hard, prima del finale country di Horizons, suggello di una prova curiosa, estremamente eterogenea e di grande cultura. (Luigi Cattaneo)
 
The woodwose (Video)
 

Nessun commento:

Posta un commento