Tony Vivona (basso,
farfisa, chitarra e pianoforte, già con Dea, Radioattivi e Verde Matematico,
giusto per citare qualche suo progetto) e Simone Tilli (cantante attivo con
Lirico, Carnera e Deadburger, tra gli altri) sono il duo dietro il monicker Le
Jardin des Bruits e Assoluzione è il
loro primo lavoro, registrato insieme ad una serie di musicisti perfettamente
calati nel contesto indie rock proposto. I riff distorti su cui sono stati
creati i brani sono la colonna portante di un album introspettivo in cui emerge
l’amore non solo per il rock americano ma anche per quello italiano dei ’90,
così come per l’indie, l’alternative, la new wave e il cantautorato. Pur non
essendo un concept la tematica religiosa è il filo conduttore del platter e i
personaggi tracciati finiscono per subire una certa condizione e la musica che
sottolinea gli eventi risulta immediata ma stratificata, soprattutto nella
scelta degli arrangiamenti, una somma di più elementi e suoni non sempre del
tutto a fuoco ma sicuramente interessanti. Le idee che si sviluppano attorno ad
un’elaborata forma canzone si manifestano già nell’iniziale Ovunque e comunque, dove le rose rosse
citate non sono quelle del Massimo Ranieri targato 1969 ma presentano spine
dolorose, che Vivona (impegnato qui anche all’organo Farfisa) e compagnia
gettano in faccia all’ascoltatore. Seguono la dolente Salvami e la bella ballata Scatola
di stelle, impreziosita da un trio d’archi formato da Jamie Marie Lazzara
(violino), Giulia Nuti (viola) e Pedru Gabriel Horvat (violoncello). Non mi ha
convinto del tutto Gesù di maggio,
che ho trovato con meno mordente delle precedenti, seppure è solo un attimo,
perché già la successiva malinconia di Wrongsong
riporta tutto su standard più alti, anche grazie alla voce di Elisa Lepri che
ben si sposa con quella di Tilli e al tocco di Gianni Fini alla slide guitar,
uno strumento sempre ricco di fascino. Ottima la title track, dove Tilli diviene
grande narratore con uno spoken word efficace e dai toni plumbei, così come di
rilievo è Impressioni di novembre in
cui la band si diverte a citare la P.F.M. e ripropone la vena classicheggiante della
Nuti e di Horvat atta a creare un curioso interplay con il taglio indie della
composizione. Più banale Mentre fuori il
giorno muore, mentre tentano la carta sperimentale con Le Jardin des Bruits, episodio a sé in cui è stato utilizzato un
contrabbasso elettrificato per sviluppare un plot ritmico su cui innescare la
viola e il violoncello. Chiude il disco l’amara conclusione di Come sempre (in cui compare il
clarinetto di Matteo Bianchini), perfetto finale di un esordio assolutamente
piacevole. (Luigi Cattaneo)
Ovunque e comunque (Official Video)
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