Scars è il primo album dei toscani Trauma Forward,
duo composto da Jacopo Bucciantini (batteria e voce) e Davide Lucioli (tastiere
e voce) e coadiuvati da Francesco Zuppello (chitarra) e Michael De Palma
(basso), un concept surreale fatto di immagini e suoni onirici e sperimentali, che
parte dai famosi tagli di Fontana per raccontare di squarci e patimenti
interiori, dove tutto risulta posticcio e ingannevole (a partire
dall’interessante artwork del disco). Il platter è fatto di spunti acustici,
schegge elettroniche e dark prog e già l’iniziale Into the labyrinth, con
il suo tetro organo introduttivo è esemplificativa di un percorso in cui
troviamo gli Jacula, i Goblin e un certo post rock impalpabile e sfuggente. Più
soffusa la partenza di Red shadows,
con l’interplay tra tastiere e chitarra che lungo il brano ricorda anche
qualcosa dei Piano Room, prima del finale narrato con mestizia da Lucioli. In Sundown living puppet il protagonista è di
nuovo Lucioli con le sue tastiere, sostenute dalle ritmiche di Bucciantini,
mentre nella seguente Cloud in a bottle il
quartetto crea un affascinante bozzetto astrale. Sometimes I feel vede di nuovo il duo all’opera, lasciando libero
sfogo a fantasiose escursioni elettrodark, Waiting’s
four Seasons è invece proiettata verso suoni liquidi, vellutati, quasi
fragili nella loro essenza. La title track è un’alternanza di passaggi
aggressivi e armoniosi, un contrasto tra elementi che poi è alla base del plot
generato dai Trauma Forward e che trova conferma nelle trame acustiche di Sense of consciousness, vicina ad alcuni
episodi degli eterei neofolk Corde Oblique. Foggy
hills ritorna sul versante elettronico ma risulta più banale rispetto agli
episodi precedenti, maggiormente interessante è invece la malsana indole di Behind the line, un heavy dark a tinte
gotiche. A rusty piece of mind nelle
parti elettroniche si avvicina all’EBM, per poi variare il contesto con l’agire
della chitarra di Zuppello, prima della conclusiva Woman with parasol che finisce per fare il verso ad alcuni suoni
tipicamente orientali! C’è una discreta varietà in questo debut, una costante
ricerca sulle dinamiche che denota voglia di esplorare ma anche la capacità di
non esagerare, di riuscire a comunicare qualcosa pur non utilizzando un
linguaggio ortodosso, segnali tutt’altro che secondari per una band ancora
giovane e con margini di crescita. (Luigi Cattaneo)
Into the labyrinth (Video)
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