giovedì 28 febbraio 2019

AKROTERION, Decay of Civilization (2018)



Avevo lasciato gli Akroterion come progetto di BP Gjallar, una one man band che aveva pubblicato nel 2016 Commander of wild spirits, un album registrato in solitaria intriso di decadenza e parti che oscillavano tra black metal e neofolk. Decay of civilation è invece registrato in trio (BP Gjallar alla voce, alla chitarra, al basso e ai synth, H.Skrat alla voce e Francisco Verano alla batteria) e oltre al Black Metal di matrice nordica (Satyricon, Mayhem) troviamo una partitura con elementi thrash slayeriani e persino punk hardcore. Initiatory death è la mazzata iniziale, una cupa bordata black che riporta ai primi ’90, quelli di A Blaze in the Northern Sky dei Darkthrone o In the Nightside eclipse degli Emperor, senza dimenticare la lezione epica dei Bathory. Blood libel si muove in una direzione leggermente differente, con una parte cantata clean che si amalgama con il contesto estremo della trama e, più in generale, una certa attenzione per melodie piuttosto azzeccate. Red dawn under a chemical sky torna a parlare il linguaggio più puro del black metal, mentre Soul corruption tradisce l’amore per il doom di Paul Chain e Candlemass. Brains tratteggia scenari r’n’r punk e si distanzia parecchio da quanto proposto sinora, ricordando persino i Motorhead del sommo Lemmy, oltre che qualche episodio degli Impaled Nazarene, che con gli Akroterion condividono alcune caratteristiche. La title track torna trionfalmente su territori black, prima del gioiellino The gift of lady death, che con il suo incedere dark e folk rammenta per mood i genovesi Ianva, un lato nascosto del gruppo che potrebbe, perché no, essere sviluppato maggiormente in un prossimo futuro. L’edizione limitata in 150 copie (ancora sotto l’egida dell’Andromeda Relix) obbliga l’acquisto immediato agli amanti di certe sonorità. (Luigi Cattaneo)
Album Teaser
 

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