L’incanto dello zero è l’atteso ritorno di Il Segno del Comando,
gruppo oramai storico del prog italiano, attivo da metà anni ’90 sotto la guida
di Diego Banchero, bassista e compositore anche di Il Ballo delle Castagne ed
Egida Aurea, tutti progetti interessantissimi sospinti dalle varie inclinazioni
musicali del ligure, qui sostenute da Riccardo Morello (voce), Roberto Lucanato
(chitarra), Davide Bruzzi (chitarra e tastiere), Beppi Menozzi (tastiere) e
Fernando Cherchi (batteria). Per questo nuovo lavoro l’ispirazione del concept
è dovuta a Lo zero incantatore, libro
di Cristian Raimondi, che finisce di fatto per sostituire Gustav Meyrink,
autore alla base dei due precedenti dischi. Addentrandomi nella narrazione
dell’opera non ho potuto non rimanere nuovamente colpito dalla grande coesione
tra parte testuale e scelta dei suoni, caratteristica topoi del progetto che ho
ritrovato sin da Il calice dell’oblio,
dark song perfetta per evocare le atmosfere dell’oscuro racconto. Pur con i
tributi ai vari Goblin, Balletto di Bronzo e Biglietto per l’inferno, quello
che si nota dalle produzioni della band è la personalità spiccata, un trademark
che permette di avere un sound proprio, riconoscibile, che è giusto possa fare
scuola e, perché no, divenire esempio e punto di riferimento per chi si
avvicina al genere. La grande quercia è
uno strumentale che vede la partecipazione di Marina Larcher, che già abbiamo
avuto modo di apprezzare proprio negli Egida Aurea e nel Ballo delle Castagne, Sulla via della veglia ci cala in pieno
nelle gotiche atmosfere dello sceneggiato da cui trae il nome il gruppo, tanto
è forte l’aurea cinematografica imposta, mentre Al cospetto dell’inatteso, con Maethelyiah alla voce e Paul Nash
alla chitarra (dagli storici The Danse Society), è l’ennesimo esempio di
perfetto dark progressivo. Lo scontro,
scritta dal grande Luca Scherani (tastierista, tra gli altri, di La Coscienza
di Zeno), è un bel break strumentale che anticipa la malinconica ballata Nel labirinto spirituale, spazzata via
dalla forza heavy prog di Le 4 A, che
fa coppia con l’ispirata Il mio nome è
menzogna, tra i vertici dell’album. In Metamorfosi
tornano pulsioni darkwave grazie a Maethelyiah e Nash, prima del finale per
basso solo di Aseità, che chiude l’ennesimo
centro targato Black Widow Records. (Luigi Cattaneo)
Il mio nome è menzogna (Video)
Nessun commento:
Posta un commento