Nati nel 2001 per
volontà di Simone Cosentini (voce e chitarra), gli Inyan diventano ben presto
un trio, con l’entrata dapprima di Mirko Bombelli (batteria) e poi di Federico
Colombo (basso). L’assetto non viene più modificato e i legnanesi pubblicano un
ep (All your time is wasted) che
permette loro di suonare in giro per il nord Italia, prima di un altro ep (Inside the shell) e soprattutto di questo
interessantissimo A bitter relief,
primo full dopo esperienze estere (un piccolo tour tra Belgio e Olanda). Lo
stoner è la casa sicura dei milanesi, che non disdegnano incursioni in
territori più heavy, quello grezzo, sporco, sparato in faccia senza grandi
compromessi, se non quello di avere un songwriting capace di coinvolgere con la
bella alternanza di frangenti hard e altri decisamente melodici. Se l’opener Ain’t no place mette subito
l’ascoltatore sui binari prediletti, la successiva Not afraid già mostra le influenze settantiane e sabbathiane della
band, prima di Meltin’ Pot, dominata
da un ripetuto riff stoneriano di Cosentini. Back to life appare più come un momento di passaggio, mentre Don’t even matter crea un bel ponte con
gli anni ’90 ed è tra i brani migliori. L’ottima In this world anticipa The
way you wished, il piccolo capolavoro della band, una lunga traccia intrisa
di stoner, psichedelia e atmosfera. La conclusiva My Valentine torna su sentieri maggiormente heavy rock, mostrando
quella consistenza di fondo che si evince dall’ascolto del lavoro. A bitter relief si pone vicino agli
ultimi lavori di Holyphant e Meteor Chasma, segno che un certo tipo di suono,
fiero e potente, trova ancora validi esponenti anche nell’underground italiano.
(Luigi Cattaneo)
A bitter relief (Full Album)
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