giovedì 20 maggio 2021

MATTEO CIMINARI, Fried Hippocampus (2020)

 

Bel lavoro per Matteo Ciminari (chitarra, theremin e tastiere), musicista che ricordo per l’esperienza I’m Anita e che qui torna in veste solista con questo Fried Hippocampus. Il background di Matteo a base di jazz, prog e sperimentazione sonora, dona al progetto un aspetto curioso, accostabile a produzioni attuali come quella di Simona Armenise e Mark Wingfield. Registrato a distanza tra Inghilterra e Italia (con il solo contrabbasso di Mattia Borraccetti presenza fissa), il disco guarda al passato stando nel contemporaneo, una colonna sonora immaginifica di grande fascino, capace di trasportare l’ascoltatore con grazia e varietà di soluzioni. Pizzammano ci conduce da subito verso soluzioni accostabili al R.I.O., complice l’ottimo Maurizio Moscatelli al sax e il solido drumming di Luca Orselli, un inizio vibrante e suggestivo. Accelera Spiced amygdala, segnata dall’ interplay che si viene a formare tra Ciminari e Moscatelli (stavolta al flauto), accompagnati con cura dalle note del piano di James Boston e dalle ritmiche di Michele Sperandio (che si alternerà alla batteria con Orselli lungo tutto il lavoro). Più morbida e carica di atmosfere jazzy Narni underground, soprattutto per i tenui interventi del sax, mentre un bel groove ritmico in El serpiente sostiene le evoluzioni chitarristiche del leader. How I feel today accentua il clima da soundtrack, Psalm è invece un brillante esempio di jazz variopinto, con Boston davvero abile nel porre, nota dopo nota, il suo marchio su uno dei brani migliori dell’album. La breve gemma R.I.O. di ForNiche, dove stavolta Moscatelli si destreggia al clarinetto, e Mr. Distraction, dimostrano la maturità compositiva di Ciminari, che chiude Fried Hippocampus con l’outro A woman, regalandoci poco più di 30 minuti davvero parecchio interessanti. (Luigi Cattaneo)

El serpiente (Video) 


 

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