domenica 30 maggio 2021

THE WORM OUROBOROS, Endless way from you (2019)

 

Aspettavo il ritorno dei The Worm Ouroboros dal 2013, anno dell’uscita di Of things that never were, edito dall’italiana AltrOck/Fading, disco d’esordio che aveva calamitato l’attenzione degli appassionati di prog sinfonico. Nati nel 2006 in Bielorussia, Vladimir Sobolevsky (tastiere e chitarre) e Sergey Gvozdyukevich (flauto e basso) si sono da sempre ispirati al prog dei ’70 figlio di Genesis e Focus, un cordone ombelicale con quello storico periodo che ovviamente guarda anche all’Italia, patria di tante memorabili realtà. Legame che si fa ancora più stretto in considerazione del fatto che il nuovo Endless way from you viene pubblicato da un’altra etichetta italiana, la Lizard di Loris Furlan, sempre attento quando si tratta di proporre musica di grande spessore. E quella qui presente non fa difetto, perché il trio, completato dal grande drumming di Mikhail Kinchin, oscilla tra suggestive melodie, oscuri incanti sinfonici, arrangiamenti preziosi e spinte canterburiane di soave bellezza. La struttura prettamente strumentale dell’album mostra la capacità della band di creare bozzetti raffinati, capaci di far sognare ad occhi aperti, di trasportare in luoghi immaginifici, tra partiture romantiche e incisive evoluzioni elettriche. I 14 minuti di Cycles aprono l’album, una suite sontuosa, dove troviamo espresso tutto il background di questi magnifici musicisti, prima di Clouds to owings mills, che sembra omaggiare Le Orme, e Stone and Lydia, che chiude un trittico iniziale davvero ottimo. Quest of the kingfisher vede la presenza non secondaria dei timpani di Alexandra Gankova, scelta curiosa che fa il paio con il vibrafono in Muralidaran, confermata nella successiva Ascension, altro brano di grandissimo livello. La seconda suite è The reality you can’t stop dreaming, dove troviamo l’apporto di Vitaly Appow al fagotto, in un interplay fiatistico con il flauto di sicuro effetto. La varietà di stile, pur all’interno di sezioni puramente progressive, è una costante che ci accompagna anche nelle restanti The whistler shrill (arricchita dall’oboe di Aliona Sukliyan) e nella conclusiva Tràigh bheasdaire, delicato finale di un ritorno tanto atteso dal sottoscritto quanto appagante. (Luigi Cattaneo)

The reality you can't stop dreaming (Video)



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