martedì 29 gennaio 2013

ARABS IN ASPIC, Srange frame of Mind (2012)

Novità assoluta per la Black Widow Record, gli Arabs in Aspic (scovati in Norvegia) si presentano al pubblico italiano dopo un ep d’esordio del 2003 e Far out in Aradabia del 2004che devono aver convinto la label genovese a distribuire il nuovo Strange frame of mind. Pare quasi scontato che le coordinate su cui si muove la band siano quello di un progressive infarcito di influenze prossime alla psichedelia, al dark e all’hard rock comunque molto settantiano. Certamente derivativo e ricco di suoni assolutamente vintage (organo in primis) il disco farà la felicità dei tanti nostalgici del periodo aureo del prog internazionale, viste le molte influenze, soprattutto inglesi, che si manifestano nell’arco dei 45 minuti scarsi di cui è composto l’album. E difatti queste sono le linee guida dell’iniziale The flying norseman con Stig A. Jorgensen molto abile nel creare tappeti di organo su cui la band esprime il proprio amore per un tempo che non c’è più, un’era in cui dominavano Deep Purple e Pink Floyd. Le virate prettamente strumentali danno la possibiltà di comprendere come quella sia l’epoca a cui i norvegesi guardano con più interesse e dalla quale sono irrimediabilmente attratti per catturare più spunti possibili. E allora così va letta la ballata Into my eye, capace di collegare tratti psichedelici con il buon vecchio progressive dei mai dimenticati Camel, sino a sfociare nel riff hard rock di Morket, un omaggio tanto ai Black Sabbath quanto al progressive, soprattutto nella parte strumentale collettiva di buon livello. Fall till marken è una lunga cavalcata hard in cui tuffarsi e in cui percepire umori ora progressive ora psichedelici, con buone aperture strumentali che mostrano come la band sappia destreggiare davvero con abilità la materia. Episodio piacevole è Tv,soprattutto per la parte strumentale decisamente valida e che ha il pregio di condensare in 5 minuti hard rock ed inflessioni psichedeliche di derivazione floydiana, mentre risulta intensa la title track, ben bilanciata tra toni da ballata elettrica e gli Uriah Heep di Very ‘eavy…Very ‘umble. Si prosegue con una lanciatissima Have you ever seen the rain, pt 2, una killer song dal vivo, potente e dal piglio quasi heavy metal, per poi arrivare alla conclusiva Arabide, uno dei migliori brani del lavoro, capace di richiamare alla mente la scena progressiva non solo inglese ma anche quella italiana, soprattutto per l’uso raffinato delle voci che si sovrappongono e creano scenari avvolgenti in grado di catturare ascolto dopo ascolto. Ma c’è di più. Perché qua e là pare di scorgere anche l’ombra lunga di Steve Sylvester e del suo progetto Sancta Sanctorum, uscito guarda caso proprio per la Black Widow nel 2010, oltre che i soliti rimandi alla cultura psichedelica e stoner che aleggiano su buona parte dell’album. Nel finale Hocus Pocus rende omaggio ai Focus, storico gruppo olandese degli anni ’70. Si evince quindi come tutto l’album sia infarcito di suoni che devono tanto alla tradizione e al passato che gli Arabs in Aspic hanno riproposto con cura e in maniera sicuramente intensa e sentita. Non inventano proprio nulla ma ascoltarli tutti d’un fiato è un piacere a cui consiglio di non rinunciare!!! (Luigi Cattaneo)

Arabide (Video)


1 commento:

  1. gran bella rece,fratellone!!
    E' vero, l'ombra del grande Steve Sylvester si sente eccome!

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