L’associazione
Ver1Musica, sempre lungimirante e attenta alle novità del mondo prog, si è
fatta promotrice di uno degli eventi più attesi degli ultimi mesi da parte
della comunità progressive. Un’accoppiata inedita e dall’approccio diverso ma
con il comune denominatore della qualità. I francesi Lazuli e gli inglesi Haken
sono due delle band più interessanti del panorama attuale e riunirle insieme in
un unico live è da subito apparsa una grande idea. Il Live Forum di Assago, per
le dimensioni ridotte si presta per ospitare band emergenti che vengono ancora
seguite da una nicchia di appassionati e addetti ai lavori. Ai Lazuli il
compito di aprire la serata. Parlare di gruppo spalla è assolutamente riduttivo
visto che la band è attiva dal 1998 e qui coglie perfettamente l’occasione per
presentare il nuovo e appena fresco di stampa Tant que l’herbe est grasse. Chi ha già avuto modo di vederli in
azione (in Italia sono passati da Parma nel 2010 e a Veruno nel 2012) sa di
cosa sono capaci sul palco e come ci tengano anche al più piccolo dettaglio. E
difatti il coinvolgimento è da subito molto alto e il pubblico viene catturato
dall’energia e dalla qualità dei brani proposti, oltre che da una pulizia del
suono che successivamente verrà a mancare. Ma andiamo con ordine. I Lazuli,
ovviamente, decidono di dare il giusto risalto all’ultimo lavoro in studio,
ancora una volta intriso di progressive King Crimson style, flussi psichedelici
a cavallo tra soluzioni floydiane e spunti memori dei Porcupine Tree, sempre
senza disdegnare atmosfere world del miglior Peter Gabriel. Colpisce il suono
ipnotico del lèode (un incrocio tra una chitarra e un synth, con il controllo
degli effetti che avviene attraverso un sistema midi) di Claude Leonetti, che
si combina con quello altrettanto vibrante della chitarra di Gederic Byar,
sempre sostenuti dal pregevole lavoro ritmico di Vincent Barnavol, che si
destreggia tra batteria, percussioni e marimba. Importanti nell’economia del
sound Lazuli le tastiere di Romain Thovel (anche al corno francese), che donano
atmosfera e profondità e la voce di Dominique Leonetti (impegnato pure alla
chitarra), capace di non sbagliare una nota per tutto lo show. Chiaro che
suonare dopo un live con questo impatto non sempre risulta semplice. Gli Haken,
pur essendo piuttosto giovani, hanno già pubblicato tre album di grande livello
e suonato in tutto il mondo. Le aspettative, davvero alte, vengono però solo in
parte mantenute. Non certo per colpe tecniche dei musicisti, che hanno le doti
per riproporre fedelmente quanto si sente sui dischi. E nemmeno per colpa
dell’organizzazione a cui bisogna poco rimproverare. Il problema davvero grosso
è stata l’equalizzazione dell’insieme, soprattutto nei momenti più tirati e
metal oriented, con un impasto generale dei suoni che non permetteva di
distinguere distintamente le parti di tastiera, gli spunti più melodici delle
due chitarre e finiva anche per coprire la voce di Ross Jennings! Un vero
peccato, perché la grande pulizia e la precisione matematica dei dischi in
studio non viene riprodotta e spesso il suono che giunge è poco nitido e
cristallino. C’è da dire che nei frangenti meno aggressivi e distorti le cose
vanno meglio (anche se non ci si avvicina alla limpidezza percepita con i
Lazuli) ed emerge la classe che contraddistingue gli inglesi, quella che si
sente su Acquarius, Visions e The Mountain, i tre platter che hanno permesso alla band di farsi
conoscere un po’ ovunque e che era venuta fuori decisamente meglio al 2Days
Prog+1 del settembre 2013 tenutosi a Veruno. Insomma, serata agrodolce, con la
conferma dei Lazuli e il dispiacere per non aver potuto assistere ad una prova
migliore da parte degli Haken. (Luigi Cattaneo)
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