giovedì 17 aprile 2014

PAOLO SIANI & FRIENDS FEAT NUOVA IDEA, Castles, Wings, Stories and Dreams (2011)


A distanza di ben 38 anni (in ambito musicale un’eternità!) Paolo Siani, batterista che ha contribuito a costruire la storia del Beat genovese e del progressive italiano tra i ’60 e i ’70, decide di ridare lustro alla sigla Nuova Idea e lo fa proponendo un opera corale, Castles, wings, stories and dreams, con tantissimi musicisti davvero di alto livello, alcuni dei quali hanno condiviso con lui anni importanti del Rock italico. Mi preme sottolineare che non si tratta di un prodotto rivolto ai nostalgici, non guarda solo al passato (per quanto luminoso) ma ha uno sguardo proiettato dritto sul presente e il sound moderno che si fonde con accenni di progressive seventies è figlio certamente di alcune azzeccate collaborazioni come quella con Roberto Tiranti dei Labyrinth e Ottavia Bruno dei Blues Assault.

Nell’iniziale Un dono la voce recitante di Vittorio Pedrali, accompagnato dagli effetti elettronici di Alessandro Siani, ci conduce al primo vero brano dell’album, Wizard intro, uno strumentale con Marco Zoccheddu alla chitarra (membro dei Nuova Idea nel disco del 1971 In the beginning) e Guido Guglielminetti al basso (attualmente suona con Francesco De Gregori). Questa introduzione ci riporta ai fasti degli anni ’70, in piena era progressive, con Zoccheddu che, sostenuto ottimamente dalla sezione ritmica, mostra tutta la verve che lo ha sempre contraddistinto. La terza traccia, Madre Africa, è uno splendido affresco di progressive dai tratti hard di quasi 8 minuti. Zoccheddu si esprime in un riff cupo e granitico sul quale interviene in maniera egregia Joe Vescovi (elemento fondatore dei The Trip) con il suo Hammond e sentirli duettare è un vero piacere. Quando irrompe dopo quasi 3 minuti il canto di Tiranti, che viene prontamente doppiato dalla voce sopranile di Nadia Engheben avviene il matrimonio tra suono settantiano e quello più moderno. La voce dei Labyrinth (che in passato è stato anche membro dei New Trolls) non appare fuori luogo e dona al brano quella comunicabilità che talvolta mancava ai dischi di settore. A metà brano compare pure un bel solo di flauto ad opera di Mauro Pagani che impreziosisce, manco a dirlo, ancora di più il brano e subito dopo quello di uno  Zoccheddu davvero ispirato. Brano davvero avvolgente nel suo essere complesso ma anche molto melodico. Passata la tempesta Siani piazza una ballata piuttosto malinconica e di facile presa, Questa penombra è lenta con Ottavia Bruno alla voce e Giacomo Caiolo alla chitarra acustica. Il brano è ben suonato, ha un ritornello che ti entra in testa sin dal primo ascolto (la parte cantata da un ottima Bruno) ma sconta forse l’eccessiva lunghezza di quasi 7 minuti. Cambia ancora umore la successiva Chimera, segno di un disco eterogeneo e libero da gabbie precostruite. Questo strumentale nasce dall’unione tra due mondi sonori, l’elettronica e il jazz e la formazione muta nuovamente con l’entrata in scena di Alessandro Siani a curare le parti elettroniche, Gianni Alberti al sax, Franco Testa (quotato session) al basso e Zoccheddu al piano (abile anche in questo caso). Si tratta di un momento molto differente rispetto agli altri presenti sull’album, una sorta di esperimento, dove, su una base elettronica, i musicisti si propongono a turno eseguendo un solo con il loro strumento. Si arriva così al brano più progressivo del lavoro, la suite The Game, più di 10 minuti in cui salgono in cattedra Ricky Belloni (chitarrista presente in Clowns della Nuova Idea), Giorgio Usai (all’hammond) e Tiranti, che offre la solita prestazione fatta di pathos e tecnica. Quando il pezzo arriva nella sua fase strumentale, con Siani abilissimo nell’interplay con i suoi vecchi compagni, sembra davvero che il tempo si sia fermato e il ricordo di Clowns è più vivo che mai. Merita una citazione anche Carlo Cantini che al violino disegna un momento in pieno stile progressivo davvero validissimo e ciò contribuisce a rendere il brano il più interessante tra quelli presenti. Segue un’altra composizione con protagonista Tiranti, la prima cantata in inglese, Cluster Bombs, che ha degli spunti hard al suo interno. Bravissimo Zoccheddu nel destreggiarsi tra chitarra e piano elettrico in un brano tanto irrequieto quanto delicato per il tema trattato, ossia quello delle bombe a grappolo. La parte centrale, atmosferica e inquietante, non fa altro che innalzare ulteriormente il climax già notevole di per sé, che poi esplode del tutto con il ritorno in scena di un vocalist davvero in forma. This open show è una ballata struggente e delicata dove i protagonisti sono Alberto Buttarelli, bravo sia come cantante che negli interventi al flauto, Diego e Fabio Gordi oltre che Daniele Pagano al pianoforte e Giuliano Papa al violoncello. C’era una volta si presenta come una sorta di outro e chiude il disco dopo quasi 50 minuti di buone vibrazioni.

Il lavoro direi che non tradisce le aspettative di qualunque fan del rock progressivo e credo possa interessare anche agli ascoltatori di sonorità più dure. Ci sono pochi cali e in generale tutto l’album si muove su coordinate più che buone. Speriamo solo di non dover attendere altri 38 anni per avere notizie di Siani e della Nuova Idea…(Luigi Cattaneo)

Cluster Bombs (Official Video)

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