martedì 1 maggio 2018

BLACK HOLE, Evil in the dark (2017)


32 anni di silenzio, una scia oscura, cupa, che mai si è esaurita tra gli appassionati del culto maligno targato Black Hole e che dopo Land of mistery del 1985 e Living mask del 2000 (un postumo con registrazioni di fine anni ’80), torna con il nuovo Evil in the dark, ennesimo capitolo intriso di heavy, elettronica, dark rock e doom. Il leader Robert Measles (voce, basso, chitarra, organo, tastiere e drum machine), affiancato dal chitarrista Michael Sinicus, rilascia questo inatteso come back, frutto di vecchie session di inizio ’90 e nuove idee, sempre mantenendo fede alla sua concezione lo-fi, una caratteristica che da un lato non esalta alcuni interessanti sviluppi sonori ma dall’altro accentua ancora di più l’aurea malsana e ipnotica del progetto, obiettivo probabilmente tra i principali perseguiti dal compositore. Pregi e difetti che emergono sin dall’iniziale e lunga title track, perverso canto funebre con una parte centrale dalla struttura heavy prog e un chorus inquieto a cui partecipa anche Robin Hell alla batteria. Alien woman e la seguente Holy grail confermano l’attitudine misteriosa del gruppo, con break evocativi dettati soprattutto dall’uso interessante dell’organo e delle tastiere e dalla creazione di tenebrosi riff heavy. Doom metal, lento e nero, pervade la fosca Octopus tenebricus, brano che forse avrebbe beneficiato di una maggiore cura in sede di arrangiamento, mentre la strumentale The way of unwitting sembra uscita direttamente dalla soundtrack di un film di genere, mescolando struttura prog a passaggi orrorifici, per quello che sarà uno dei pezzi meglio riusciti del disco. A metà lavoro Measles decide di piazzare due tracce molto lunghe, Astral world, nove minuti strumentali a cavallo tra psichedelia e progressive e X Files, una sorta di suite divisa in due parti in cui forte è la componente elettronica, un crossover di heavy dark e space rock che omaggia Edgar Froese dei Tangerine Dream (soprattutto nella seconda). Inferi domine è una ballata spettrale dominata dall’organo, la long track Dangerous beings è un heavy prog profondo e tetro, prima di Nightmare, dark song strumentale improntata sull’interplay tra l’organo e le ritmiche hard. Chiusura affidata alla breve The final death, epilogo organistico in cui Measles mostra anche le sue doti tecniche. 80 minuti non sempre fluidi, pecca dovuta probabilmente ad una produzione non all’altezza delle intuizioni e ad un uso smodato della drum machine, problematiche che però non hanno intaccato il fascino sinistro dei Black Hole, pressoché immutato nel tempo e che difficilmente scontenterà i fan di vecchia data e tutti coloro che sono legati ai primi Death SS, al Paul Chain solista, al dark prog dei Goad, ai The Black di Mario Di Donato e alle colonne sonore targate Fabio Frizzi. (Luigi Cattaneo)
 
Album Teaser
 

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