C’è stata un’epoca in cui parecchie band italiane dedite all’heavy metal, in tutte le sue forme, da quelle più classiche a quelle più estreme, hanno dato vita a lavori validissimi ma conosciuti da pochi, ossia quei tanto bistrattati anni ’80, che comunque oltre all’immaginario glam e consumistico, hanno donato parecchia musica di particolare interesse. Senza citare mostri sacri internazionali fermiamoci nella nostra penisola. I più attenti sanno che, finita l’era d’oro del progressive nostrano, con band storiche come Banco del Mutuo Soccorso o New Trolls che si riciclavano in tentativi non sempre riusciti di avvicinarsi alla forma canzone più tradizionale, iniziò un periodo dove anche l’Italia cercava di dire la propria in ambito hard rock. Tante band, poche che sono riuscite realmente a restare a galla, tante che vivono ancora di quella piccola ma intensa luce del culto che, non solo le salva dall’oblio ma le proietta in qualche modo nella dimensione del mito. Tra queste ci sono i Dark Ages, che pur non avendo avuto la consacrazione (anche se il termine forse è eccessivo) di Adramelch, Dark Quarterer o Asgard hanno mantenuto in qualche affezionato il ricordo di anni ormai lontani. Sì, perché i veronesi arrivano proprio da quegli anni ’80 e il membro fondatore e chitarrista Simone Calciolari è ancora lì, a distanza di 20 anni da Saturnalia, lavoro targato 1991 (con tutt’altra line up). Come tanti gruppi, arrivare alla seconda prova quando si va avanti per passione e dedizione e non per mero guadagno, è sempre difficile. E difatti ci sono volute due decadi per ritrovare stabilità di formazione e ispirazione per provare a proporre un lungo concept, Teumman, con la prima parte pubblicata nel 2011 e la seconda nel 2013.
Teumman, A Rock Opera
Teumman è un concept album che attinge dalla tradizione della Rock Opera con la storia che si svolge in Mesopotamia e il racconto nasce da un’idea del cantante Davide Cagnata (già con gli Obscura). Il protagonista, caduto in battaglia, si ritrova nel regno dei morti e decide di fare un patto con il Signore dell’oscurità per tornare sulla terra, con la musica che segue le gesta del personaggio tra elementi più epici e drammatici in odore di Blind Guardian e Savatage ed elementi maggiormente progressivi, merito soprattutto delle tastiere dal suono vintage e affascinante di Angela Busato che colora i brani con orchestrazioni classiche di buonissima fattura. Le 2 parti hanno connotati differenti, pur se è chiaro che ci sono punti in comune e sarebbe strano il contrario. Ma se è vero che la prima ha dei momenti più tirati e accomunabili alla sfera hard, la seconda è progressive metal nella sua quasi totalità e mostra una band coesa e vitale come non mai, lasciandosi alla lunga preferire per intensità e suggestione. Addentriamoci ora nei brani. Nella Part One i Dark Ages scelgono di unire i vari pezzi con delle parti strumentali, brevi e prevalentemente sinfoniche, un po’ come si era ascoltato in Nightfall in Middle Earth dei già citati Blind Guardian ed Epica dei Kamelot. Le iniziali trame di Battlefield ed Hell (impreziosita dal flauto di Andrea Stefanoni) tracciano la via, la strada lungo cui si muove la prima parte. Riff portanti di stampo heavy, potenza e velocità tipica di un certo power, tecnica e capacità melodica. E poi la voce di Cagnata, spigolosa,poderosa, aspra, lontana dal cantato pulito del prog metal e più paragonabile a quella di Hansi Kursch. Appare però adattissimo alla storia narrata, come se si fosse calato dentro le viscere del racconto, ne fosse posseduto e lo esprimesse con forza, pulsione, seguendo la linea tracciata dalla musica che sprigiona la band. Ottima anche Arrival Including Omen, con delle belle parti strumentali e cambi di tempo degni di nota e un mood che mi ha ricordato i Virgin Steele e Drop of Rain, decisamente più romantica e vicina al prog rock dei ’70, che si caratterizza per le atmosfere create dalle tastiere della Busato e un bellissimo solo di Calciolari. E se Oath ha il classico “tiro” power metal e risulta il pezzo più vicino a certi stilemi (il pensiero corre anche ai nostrani Domine), gli ultimi colpi di Scared e Regret completano una prova ambiziosa, strutturata ma non eccessiva, in cui la tecnica dei singoli (giusto citare anche la sezione ritmica della coppia Marco Gennari al basso e Carlo Busato alla batteria) viene fuori bene ma sempre a servizio della canzone. Lo stesso si può dire anche per la seconda parte del concept che vede l'ingresso in formazione di Massimiliano Perboni al posto di Gennari e pur mostrando un’attitudine decisamente più prog, con brani lunghi e maggiormente stratificati, mantiene intatta quella leggerezza di fondo che assolutamente non guasta sul rendimento finale. Anzi, Teumman Part II risulta opera profonda e ancora più riuscita della prima, segno di una crescita costante e figlia probabilmente di un ritorno live che ha compattato ulteriormente i musicisti del progetto. Un album che mostra pochi cali e che appare ulteriormente rifinito e curato nei particolari. Continuano ad esserci i riferimenti del precedente disco ma aumentano quelli legati al progressive, anche per via dell’uso determinante delle tastiere di una bravissima Busato e a sezioni strumentali che forgiano l’anima di parecchi episodi. Niente di nuovo sicuramente ma suonato con grazia e idee di un certo livello insomma. La drammaticità della narrazione è nuovamente il leitmotiv di buona parte del lavoro, sottolineata dalla voce di Cagnata, che si conferma come perfetta per questo tipo di svolgimento, piena di carisma ed emotività. Court, Sea of Pain, Solution sono alcuni dei brani meglio riusciti del lotto e appaiono da subito vicini all’estetica prog più di quanto lo fossero quelli del predecessore, inglobando influenze dei ’70, anche italiani. Difatti sono percepibili echi del Rovescio della Medaglia nelle parti hard e atmosfere gobliniane dettate in special modo dalle tastiere vintage e dai tappeti pieni di orchestrazioni che rimandano alla stagione del progressive rock settantiano. Una citazione a parte merita la conclusiva Moral, 12 minuti che rappresentano l’apice creativo dei Dark Ages e in cui possiamo ritrovare lungo il cammino tutte le citazioni proposte in 100 minuti di musica, dall’heavy metal, al classic rock, passando per il progressive, in uno sviluppo continuo di idee e soluzioni. Teumman si pone come racconto epico e maestoso, un viaggio lungo e articolato, molto ambizioso e talvolta non sempre a fuoco ma figlio di passione e coraggio. Un unione di generi che risulta coinvolgente e ispirata e che fa di questo concept un lavoro sincero e appassionante. (Luigi Cattaneo)
Sea of pain (VIdeo)
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