venerdì 27 dicembre 2013

GIORGIO "FICO" PIAZZA, Vi suono una Storia

Proponiamo qui di seguito una vecchia intervista a Giorgio "Fico" Piazza originariamente apparsa su Contrappunti, trimestrale del Centro Studi Progressive Italiano. (Luigi Cattaneo & Chiara Paglialunga)
Iniziamo dagli ultimi avvenimenti. Teatro verdi, Genova, Paolo Siani e una bella rimpatriata. Emozioni? Sensazioni?
Emozioni tante, poi un teatro è sempre un posto particolare dove suonare. Per fortuna dovevo fare solo un pezzo piuttosto semplice. Dopo il concerto è stato bello incontrare persone con foto dei Quelli che nemmeno io ho!
Quindi il pubblico ti ha accolto bene dopo tanti anni di assenza? Ma non ti è mai mancato il rapporto con i fans in questo lungo periodo?
Sicuramente sì. Ma l’accoglienza più bella mi era stata riservata qualche anno fa in occasione del trentacinquennale della P.F.M. al Rolling Stones di Milano quando hanno suonato anche Radius e Teo Teocoli. Lì il pubblico dei Quelli e della Premiata era rimasto davvero molto contento. Comunque no, il rapporto con i fans non mi è mancato e anche se è difficile crederlo io non ho più toccato lo strumento una volta uscito dalla Premiata. Sentivo di non dare più nulla al mio pubblico, non mi divertivo e non riuscivo più a comunicare con chi ci guardava ogni sera. Sono soddisfatto di dove sono arrivato.
Torniamo indietro agli anni ’60. Giorgio Piazza muove i suoi primi passi in alcune band di cui si sa ben poco, i Bags Grow con Demetrio Stratos e su internet circola anche un gruppo a nome The Whistlers con Roby Matano dei Campioni. Ci vuoi illuminare?
Con Roby Matano non mi pare proprio di aver inciso qualcosa a nome The Whistlers! Certo conosco Matano e i Campioni, anche perché Lucio Battisti è stato per un periodo il chitarrista di quella band e nel corso degli anni con lui ho avuto modo di lavorare e di stringere una bella amicizia. I Bags Grow invece hanno una storia che parte davvero da lontano. Io avevo un gruppo, i Kens, con Sergio Poggi alla batteria e Giorgio Giuliani e Beppe Cardile, due cantanti molto apprezzati. Suonavamo soprattutto nel club ufficiale dell’aereonautica militare di Linate fin quando Giuliani non ebbe un incidente e ci ritrovammo senza cantante e con dei contratti da rispettare. Mi giunse all’orecchio che alla casa dello studente di Milano c’era un ragazzo greco che suonava il piano e quindi decisi di andare a sentirlo. Mi fece ascoltare un brano di Jerry Lee Lewis e rimasi abbilito! Da lì partì la storia di Demetrio coi Kens, intorno al 1964-65.
Quindi i Bags Grow arrivano successivamente?
Una volta finita coi Kens ci ritrovammo io, Demetrio e Poggi con l’idea di continuare a suonare. Quello era il periodo in cui gruppi stranieri venivano in Italia perché sapevano di un certo fermento e per fare esperienza. Quindi noi ci eravamo dati il nome Bags Grow e ci fingevamo inglesi! Suonammo anche con Richie Blackmore al Santa Tecla di Milano.

Arriviamo ai Quelli. Il beat è esploso e Milano è fucina di tanti gruppi. Come sei entrato a far parte del gruppo?
Proprio al Tecla c’erano due gruppi base, uno erano i Flora Fauna e Cemento e l’altro erano i Black Devils che diverrano presto i Quelli. Fu in questo periodo che fui avvicinato dal gruppo e contemporaneamente Demetrio venne contattato dai Ribelli. Fu lì che le nostre strade si divisero.
Guardando alle lontane registrazioni dei Quelli si nota come oltre a brani molto semplici il gruppo guardava con attenzione anche ad alcune novità come Traffic, Aphrodite’s Child, Deep Purple, Nice. Pensi che questo abbia poi determinato in maniera decisiva il vostro approccio al progressive?
Assolutamente sì. Avevamo già una curiosità musicale che ci ha portato ad ulteriori sbocchi. Io personalmente già con i Bags Grow coverizzavo gli Who!
Avete avuto anche un ruolo importante come session men in studio per tanti artisti. Anche questo ha influito sul vostro modo di scrivere?
Le prime esperienze le abbiamo fatte quando eravamo ancora i Quelli e se la memoria non mi inganna già lavoravamo con i Camaleonti e io personalmente fui chiamato dai New Trolls per un effetto particolare di basso. C’era già qualcosa nell’aria che ci ha poi portato al progressive. Anche se il lavoro di session più che influenzarci a livello di scrittura ci migliorava tecnicamente in quanto dovevi essere estremamente preciso nel tuo lavoro sul disco di un altro artista.
In Italia iniziavano ad apparire alcuni gruppi influenzati dalla psichedelia e dalla musica inglese. Io ho sempre ritenuto importante il vostro cambiamento pre-P.F.M., ossia i Krel che guardavano a quel sound con più intraprendenza.
In effetti i Krel sono stati il momento di rottura per poter diventare Premiata Forneria Marconi. In quel periodo rifiutammo una grossa offerta economica della Ricordi per rimanere con loro. Lasciammo per formare i Krel e suonare ciò che più ci piaceva. A noi interessava solo quello. La prima avvisaglia fu Quattro pazzi ancora con i Quelli e poi iniziammo a sviluppare maggiormente la tecnica di base. Difatti il gruppo non ha mai avuto un cantante di ruolo, Lanzetti a parte, proprio per questo motivo.
Oltre ai Krel il passaggio verso sonorità più ricercate è stato dettato anche dal lavoro svolto su Amore e non amore di Battisti e La Buona Novella di De Andrè?
Sicuramente sono state due esperienze molto importanti perché entrambi ci hanno trasmesso emozioni molto particolari. La molla per un ulteriore ricerca, per andare avanti. Mi ha dato molto la collaborazione con Battisti mentre ho ricordi più vaghi di quella con De Andrè ma credo sia dettato solo dal fatto che con Lucio avevo legato di più. Battisti era un ragazzo “ruspante”, proprio come lo ero io.
Quando invece arrivò l’incontro con Mauro Pagani?
Mi pare ai tempi dei Krel e per merito di Marco Damiani, un amico comune di Brescia. Mauro suonava in un gruppo, la Forneria Marconi e da quest’incontro abbiamo poi iniziato a conoscere, proprio tramite la supervisione di Damiani gruppi come King Crimson e Gentle Giant. Damiani insisteva che dovevamo suonare i loro pezzi. Per un anno provammo in un locale di Brescia, il Paradise, feudo di alcune band come i Dalton. Pagani comunque portò nel gruppo delle nuove sonorità che sono state determinanti nel passaggio a P.F.M. come l’utilizzo del violino e del flauto. Inoltre, lasciami dire che Premoli è stato fondamentale nel costruire il suono della Premiata. Il pilastro del gruppo, un musicista vero che si occupava delle partiture come un direttore d’orchestra! Una preparazione musicale fuori dal comune insomma.
A questo punto cambia il modo di intendere l’opera musicale, non più una semplice raccolta di singoli ma un lavoro vero. E nel 1972 esordite con 2 album. Qual’era il modus operandi che vi ha portato a tali dischi?
Noi volevamo suonare qualcosa di diverso ed eravamo alla ricerca di nuove sonorità ma non mi pare di esserci chiusi in studio per mesi a provare! Erano cose spontanee cercando di fondere le novità inglesi con il nostro spirito italico.
Ci sono comunque differenze tra Storia di un minuto e Per un amico. Più istintivo ed emozionale il primo, curato nei minimi dettagli il secondo. Era già una scelta di prospettiva per il mercato estero?
Sì, era meno istintivo ed era più costruito anche se ci sono dentro delle cose riconducibili al primo lavoro. D’altronde Photos of Ghost è la versione inglese proprio di Per un amico.
All’epoca lavoravate con un arrangiatore e produttore forse poco nominato ma probabilmente importante per i risultati ottenuti, Claudio Fabi. È una chiave di lettura corretta?
Fabi era produttore e ha fatto anche l’arrangiatore per noi insieme a Premoli. Diciamo che aveva una grande preparazione musicale e rifiniva i brani più che arrangiarli, è stato importante nel cesellare alcuni pezzi. La classica ciliegina sulla torta insomma.

Arriviamo all'impegnativo tour di Photos of Ghost.
Per me è stato tutto un gran bel sogno. Mi rendevo conto di essere nella tana del lupo ma non per essere sbranato! Fu sicuramente un successo, anche grazie agli Emerson Lake & Palmer perché non bisogna dimenticare che sempre di business si tratta. Hanno visto giusto e anche la stampa ci ha riconosciuto le nostre doti.
Finita la tournè vieni sostituito da Patrick Djivas degli Area. Come andarono le cose? Hai più sentito qualcuno della band?
Ci sono due fattori. Sicuramente io ero stanco, non mi divertivo più e loro avevano l’esigenza probabilmente di avere un bassista che non fosse di solo accompagnamento. Ma il distacco è stato totalmente tranquillo, quasi previsto. Il fatto che non volessi andare in America, non in quel momento, può aver inciso. Io non mi sentivo assolutamente pronto e non ero dell’idea di affrontare la tournèe americana e probabilmente fu una delle cause che portò al divorzio dalla Premiata. Forse in quegli anni sono stato troppo modesto. Comunque fino al 2005 non ho più sentito nessuno.
Finita l’avventura P.F.M., insieme ad altri grandi musicisti, tra cui Marcello Todaro del Banco e Nanni Civitenga della Raccomandata Ricevuta Ritorno, firmate a nome Crystals un lp di hard rock vicino ai Led Zeppelin che è stato pubblicato postumo solo nel 1992 dalla Mellow Records. Tu però non eri a conoscenza di questo…
Ho scoperto solo poche settimane fa della pubblicazione! Franco Mamone, il manager della Premiata, ebbe l’intuizione, non troppo riuscita, di creare una sorta di supergruppo per approfittare del momento. Doveva essere solo un progetto studio e quando a fine registrazione si iniziò a parlare di presentarlo live io mi opposi e non acconsentii l’uscita del lavoro. Però non ti so dire come mai il disco è uscito nel 1992!
Un’ultima domanda. Pensi di tornare in pista con un progetto o qualche collaborazione o è un’idea che non ti sfiora neppure?
Non ho suonato il basso per 35 anni, ora sto riprendendo seriamente a suonare i brani della Premiata. Sono 2-3 anni che incontro musicisti che mi chiedono di suonare con loro, ad esempio Franco Malgioglio che mi ha invitato qualche settimana fa ad una serata benefica con i Camaleonti, Gian Pieretti, membri dei Dik Dik. Poi Paolo Siani che conosco da tantissimi anni, dai tempi in cui lui suonava nell’Equipe 84 e io lavoravo in Ariston. Inoltre prossimamente dovrei suonare con i Beggars’s Farm, cover band dei Jethro Tull, grazie all’interessamento di Taulino e Athos Enrile. Ultimamente a dire il vero sto scrivendo qualcosa, se ci saranno i presupposti andrò avanti, altrimenti…

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