sabato 4 novembre 2017

LE JARDIN DES BRUITS, Assoluzione (2017)


Tony Vivona (basso, farfisa, chitarra e pianoforte, già con Dea, Radioattivi e Verde Matematico, giusto per citare qualche suo progetto) e Simone Tilli (cantante attivo con Lirico, Carnera e Deadburger, tra gli altri) sono il duo dietro il monicker Le Jardin des Bruits e Assoluzione è il loro primo lavoro, registrato insieme ad una serie di musicisti perfettamente calati nel contesto indie rock proposto. I riff distorti su cui sono stati creati i brani sono la colonna portante di un album introspettivo in cui emerge l’amore non solo per il rock americano ma anche per quello italiano dei ’90, così come per l’indie, l’alternative, la new wave e il cantautorato. Pur non essendo un concept la tematica religiosa è il filo conduttore del platter e i personaggi tracciati finiscono per subire una certa condizione e la musica che sottolinea gli eventi risulta immediata ma stratificata, soprattutto nella scelta degli arrangiamenti, una somma di più elementi e suoni non sempre del tutto a fuoco ma sicuramente interessanti. Le idee che si sviluppano attorno ad un’elaborata forma canzone si manifestano già nell’iniziale Ovunque e comunque, dove le rose rosse citate non sono quelle del Massimo Ranieri targato 1969 ma presentano spine dolorose, che Vivona (impegnato qui anche all’organo Farfisa) e compagnia gettano in faccia all’ascoltatore. Seguono la dolente Salvami e la bella ballata Scatola di stelle, impreziosita da un trio d’archi formato da Jamie Marie Lazzara (violino), Giulia Nuti (viola) e Pedru Gabriel Horvat (violoncello). Non mi ha convinto del tutto Gesù di maggio, che ho trovato con meno mordente delle precedenti, seppure è solo un attimo, perché già la successiva malinconia di Wrongsong riporta tutto su standard più alti, anche grazie alla voce di Elisa Lepri che ben si sposa con quella di Tilli e al tocco di Gianni Fini alla slide guitar, uno strumento sempre ricco di fascino. Ottima la title track, dove Tilli diviene grande narratore con uno spoken word efficace e dai toni plumbei, così come di rilievo è Impressioni di novembre in cui la band si diverte a citare la P.F.M. e ripropone la vena classicheggiante della Nuti e di Horvat atta a creare un curioso interplay con il taglio indie della composizione. Più banale Mentre fuori il giorno muore, mentre tentano la carta sperimentale con Le Jardin des Bruits, episodio a sé in cui è stato utilizzato un contrabbasso elettrificato per sviluppare un plot ritmico su cui innescare la viola e il violoncello. Chiude il disco l’amara conclusione di Come sempre (in cui compare il clarinetto di Matteo Bianchini), perfetto finale di un esordio assolutamente piacevole. (Luigi Cattaneo)
 
Ovunque e comunque (Official Video)
 

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